Allarme ghiacciai Il Cai: «Un 2019 da dimenticare» 

La campagna di rilevazione. Il servizio glaciologico altoatesino evidenzia una forte e generalizzata riduzione delle masse gelate


Davide Pasquali


Bolzano. «Nonostante il promettente inizio della stagione invernale, ricca di precipitazioni nevose, è prematuro pensare ad un deciso futuro miglioramento delle condizioni dei nostri ghiacciai; infatti ritengo che la situazione critica riscontrata quest'anno, come risulta dalla nostra relazione 2019, la ritroveremo, se non peggiorata, anche l'anno prossimo». Sono le pessimistiche ma tutt’altro che avventate previsioni del generale Pietro Bruschi - da vent’anni responsabile del Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige - al termine della campagna glaciologica 2019.

La campagna 2019

Nella passata estate, riferiscono nella relazione 2019 il generale Bruschi e il geologo Franco Secchieri, responsabile scientifico dell’SGAA, sono stati controllati dagli operatori del Servizio glaciologico altoatesino ben 43 ghiacciai, distribuiti sull’intero territorio della provincia di Bolzano. I rilievi sono principalmente consistiti nelle misure di variazione delle fronti fatti rispetto a specifici segnali di riferimento localizzati davanti alle stesse. Inoltre sono state effettuate osservazioni e scattate fotografie (da stazioni fotografiche segnalate per poter consentire il confronto negli anni) al fine di descrivere lo stato in cui si sono venute a trovare le masse gelate alla fine della stagione di ablazione.

Le riduzioni

Tutti i ghiacciai hanno evidenziato chiari segni di riduzione, sia areale che di spessore, con valori così elevati che in taluni casi hanno portato ad una sempre maggiore emersione ed estensione delle isole rocciose a scapito della superficie glaciale. I dati di variazione frontale, da una prima lettura, parrebbero indicare valori tutto sommato modesti, ma in realtà si tratta di una situazione che deriva proprio dall’appiattimento e dall’altezza sempre minore delle lingue glaciali che, in tali condizioni, rallentano la loro velocità di ritiro.

Meno permafrost, più morene

Una situazione di rilevante importanza è rappresentata dall’aumentata presenza di materiale morenico sulle superfici glaciali, interessando spesso anche i settori più elevati dei bacini collettori. Tale evento potrebbe essere assunto come una evidente testimonianza di come anche il permafrost, cioè il ghiaccio sepolto e interstiziale, abbia subìto un processo di liquefazione, liberando di conseguenza il detrito derivante dalla fratturazione delle rocce, che è poi franato sulle sottostanti superfici gelate. Si è rilevato, inoltre, che l’aumento della copertura detritica può essere attribuito anche alla riduzione dello spessore del ghiaccio, che ha così portato alla liberazione del materiale inglobato.

Il nevato

Un altro importante parametro che è stato valutato è il cosiddetto limite della neve vecchia o del nevato. Identifica una quota media di separazione tra il bacino collettore e quello ablatore del ghiacciaio: sul primo, più elevato, la neve invernale permane fino alla fine dell’estate; sul secondo, più basso, non c’è accumulo e anche il ghiaccio viene perso per l’ablazione. Si tratta certamente di uno dei parametri più significativi, perché i ghiacciai diminuiscono e le lingue indietreggiano quando l’area del bacino collettore si restringe e l’alimentazione non è più in grado di fornire la massa gelata sufficiente a mantenere attivo il ghiacciaio.

Il patrimonio si riduce

Proprio questa situazione si va ripetendo ormai da parecchi anni e in maniera sempre più vistosa, come si è potuto osservare proprio dei rilievi eseguiti dal Servizio Glaciologico alla fine dell’estate del 2019 su tutti i ghiacciai osservati. In sostanza l’intero patrimonio glaciale regionale si sta progressivamente riducendo con un andamento che pare ormai diffuso su tutti i ghiacciai dell’arco alpino (e non solo). Questo fenomeno naturalmente porta a delle conseguenze negative, perché significa che diminuiscono le riserve d’acqua dolce in forma solida disponibili per la stagione primaverile ed estiva, e quindi si viene a determinare una variazione nel ciclo idrologico nel quale le masse gelate fungevano da volano, cioè come regolatore dei deflussi e conseguentemente del regime dei corsi d’acqua.

L’aspetto paesaggistico

Per i territori d’alta quota non meno importante è anche l’aspetto paesaggistico, caratterizzato dalla presenza dei ghiacciai la cui riduzione impone a quei luoghi scenari via via diversi, e sicuramente meno dignitosi dal punto di vista glaciale. Anche perché specie nella stagione estiva avanzata il candore della neve e del ghiaccio viene deturpato dal grigio delle rocce e dei detriti.

La neve primaverile

Un ulteriore aspetto quantomeno curioso che si ricava dalla relazione della campagna 2018/2019 è che in diversi siti è stata notata la permanenza di estese placche di neve residua, primaverile, in apparente contrasto con le condizioni di generale, intensa riduzione in atto su tutti i ghiacciai rilevati. Si tratta evidentemente delle conseguenze nel regime e delle modalità con cui sono avvenute le precipitazioni nevose, specialmente primaverili.

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