L'intervista

Arianna, l’ingegnera che fa la Tac ai tronchi

Arianna Giudiceandrea, specializzata in campo biomedico, oggi dirige il settore vendite della Microtec, l’azienda brissinese che progetta e produce scanner super-sofisticati che fanno la diagnosi del legno, per ottenere un prodotto perfetto


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Ha presente la Tac che in medicina si usa per “guardare” dentro il paziente; individuare il problema, scegliere il tipo di intervento? Noi la tomografia assiale computerizzata la usiamo per “entrare” nei tronchi, studiarli e decidere come ottimizzare i tagli, aumentando l’efficienza e riducendo i consumi di materia prima. Tutto questo in linea a 180 m/min. L’obiettivo è avere alla fine un prodotto perfetto e sostenibile».

Arianna Giudiceandrea - 38 anni, ingegnera, direttrice del settore vendite della Microtec, l’azienda fondata dal padre Federico a Bressanone, nonché rappresentante di Assoimprenditori all’interno della Consulta provinciale per ricerca scientifica e innovazione - si appassiona quando parla del suo lavoro. Un lavoro totalizzante che la porta in giro per il mondo; spesso e volentieri in un ambiente ancora molto maschile, com’è quello delle grandi segherie.

Ultima trasferta?

Sono appena rientrata da un viaggio di lavoro in Svezia.

Era destino che dopo l’università tornasse a lavorare in azienda?

A dire il vero i miei progetti iniziali erano altri. Ho fatto il liceo scientifico a Bressanone, perché mi è sempre piaciuta la matematica. Quando si è trattato di scegliere l’università, ero in dubbio tra medicina e ingegneria. Alla fine ho optato per la seconda, indirizzo biomedico. All’inizio è stata impegnativa; ho capito che era la mia strada quando ho iniziato ad occuparmi di modelli matematici, elaborazione di segnali e immagini. La tesi l’ho fatta su “Machine learning”. Mi sarebbe piaciuto fare ricerca all’interno dell’università, ma non è facile sopratutto se vuoi essere indipendente economicamente.

E così è tornata a casa.

Ho fatto uno stage alla Microtec: doveva durare un anno. Sono rimasta, perché ho scoperto che nell’azienda di famiglia potevo sfruttare bene le conoscenze e le competenze acquisite all’università di Padova. Ho cominciato occupandomi di sviluppo di software per poi passare alla vendita tecnica delle nostre soluzioni di scansione.

Per il legno ovviamente.

Sì, un campo super affascinante. Su circa 160 dipendenti delle sedi di Bressanone e Venezia, una cinquantina si occupa di ricerca e sviluppo. Produciamo scanner multi-sensoriali che esaminano il legno e ne rilevano ogni minimo difetto grazie a telecamere, laser e sensori a raggi X. Ma non ci occupiamo solo di legno.

E di cos’altro?

Abbiamo differenziato. Gli scanner studiati per il legno, possono essere adattati per fare un’analisi di sicurezza di qualsiasi prodotto: dalle mele al pane, allo jogurt.

Quante ingegnere avete?

Dieci anni fa ero l’unica. Tanto che all’inizio capitava che qualcuno mi chiedesse: ma dov’è l’ingegnere. Oggi non è più così: abbiamo sia ingegnere che dipendenti donne con incarichi di tipo tecnico. Questo è un lavoro fantastico, perché vedi nascere, pezzo dopo pezzo, macchinari che sono un concentrato di altissima tecnologia, frutto delle idee nate in team.

Lei però oggi si occupa soprattutto di vendita.

In effetti è così: ho fatto un master in business administration. Ma il nostro è un campo molto specifico; non potrei mai presentare i nostri prodotti in giro per il mondo, senza conoscerli a fondo. Non solo: devo essere in grado di parlare con il cliente, capire le esigenze; in modo che chi si occupa di sviluppo e ricerca possa poi fare un progetto e mettere a punto un’apparecchiatura super-sofisticata, a volte specifica per il committente.

Dove vendete i macchinari progettati a Bressanone?

Alle grandi segheria del centro e nord Europa; Stati Uniti, Sud America, Australia, Nuova Zelanda.

La crisi della pandemia nel vostro settore si è sentita?

No. Le segherie continuano ad investire: c’è un boom a livello mondiale di richieste di legno.

Il personale si trova?

Non ha una domanda di riserva?

Non è facile.

In Alto Adige è più difficile che altrove. Abbiamo una sede anche a Venezia, per sfruttare la vicinanza alle università: così abbiamo qualche chance in più di trovare le figure professionali necessarie. Inoltre abbiamo sedi in Svezia, Finlandia, Stati Uniti e Canada, per essere piú vicini ai clienti.













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Valeria Frangipane

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