IL CASO

Bolzano, infermiere al lavoro sulle ambulanze col Covid 

Per due notti avrebbe sottovalutato febbre alta e tosse. Si tratta di un operatore professionale. È rimasto a contatto per diverse ore  con medici e volontari della Croce Bianca e Croce Rossa sostenendo di soffrire di sinusite. Ora alcuni soccorritori sono pronti a fargli causa



BOLZANO. Incredibile ma vero. Un infermiere professionale dell’ospedale di Bolzano (che presta anche servizio notturno d’emergenza), ha deciso di presentarsi per il servizio sulle ambulanze nelle notti del 13 e del 14 ottobre nonostante lamentasse febbre a 38 e mezzo, tosse e dolori articolari.

La prima sera, nonostante l’invito esplicito di un medico di farsi controllare e sottoporsi subito ad un tampone rapido anti Covid, l’uomo avrebbe deciso di evitare qualsiasi verifica sanitaria, addebitando il malessere ad una presunta sinusite di cui aveva detto di soffrire periodicamente.

La seconda sera l’infermiere è tornato in servizio notturno sempre nelle stesse condizioni. Sottoposto al test, è stato subito evidenziato che l’operatore era stato contagiato dal coronavirus e che le sue condizioni erano abbastanza allarmanti.

A quel punto l’infermiere è stato subito trasferito in un reparto anti Covid ma gli altri operatori del sistema di soccorso che erano stati a stretto contatto con lui ora temono di essere stati in qualche maniera contagiati, anche se tutti gli operatori sono dotati ovviamente delle mascherine di protezione.

Solamente nei prossimi giorni potrà emergere con certezza se qualcuno degli operatori (tra cui anche diversi volontari) abbia contratto il virus per questo comportamento incosciente e del tutto in difformità con le disposizioni di sicurezza in vigore in tutti i comparti sanitari, compreso quelli legati al soccorso d’urgenza.

È molto probabile che l’infermiere professionale in questione debba rispondere del suo comportamento non appena si sarà ripreso.

Per il momento alcuni degli operatori in servizio stanno valutando anche azioni di carattere giudiziario sulla base del pericolo fatto correre a tutti i colleghi, ben conscio della possibilità di essere stato contagiato dal Covid visti i sintomi evidenziati.

A tal proposito c’è da evidenziare che le direttive dell’Azienda sanitaria precludono nella maniera più assoluta l’accesso al proprio posto di lavoro in presenza di una sintomatologia allarmante. Dunque il comportamento dell’infermiere (oltrettutto si tratta di un professionista e non di un volontario) non può che essere considerato un fatto grave.

In effetti si è trattato di una leggerezza che ha potenzialmente messo a rischio infezione non poche persone.

Tra medico d’urgenza, infermieri e volontari l’operatore in questione sarebbe stato in contatto (anche a cena prima di prendere servizio nelle ore notturne) con almeno una ventina di colleghi.

I timori sono tanti anche perchè in occasione della cena (prima del servizio nelle ore notturne) le mascherine vengono ovviamente tolte.

Se qualcuno nei prossimi giorni dovesse dimostrare di aver subìto il contagio (con ipotesi di infezione proprio in concomitanza con i fatti) la posizione dell’infermiere diventerebbe decisamente seria anche sotto il profilo delle eventuali responsabilità penali. Sulla base di una certezza: l’uomo non poteva non sapere che i sintomi evidenziati avrebbero potuto indicare un contagio Covid in atto.













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Valeria Frangipane

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