LA LETTERA

«Cari genitori di Andrea, questo è il colpo più crudele che la vita può infliggerci»

La mamma e il papà di Davide Simoni scrivono alla famiglia di Andrea Donola


Patrizio e Daniela Simoni


22 settembre 2017. È pomeriggio di inizio autunno 2017. La mattina è trascorsa calma. Verso le 16.30 o 16.45 giù di li, riceviamo una chiamata per un incidente stradale in zona Birti di Vadena dove è rimasta coinvolta la moto di Davide, il nostro unico adorato figlio, il ragazzo è a terra, incosciente, ci dicono, l'ambulanza è già arrivata.

Passano solo pochi minuti, nemmeno il tempo di capire se recarsi in ospedale o andare sul posto, una seconda telefonata, “è finita” queste le parole che ancora, ogni sera risuonano nella testa. Avevi tanti sogni, tante passioni, il sorriso sempre sulle labbra e gli occhi pieni d’amore verso tutte le persone che incontravi sul tuo percorso. Avevi voglia di vivere e provavi sempre a mettercela tutta per provare a tirare fuori qualche sogno dal cassetto e rendere orgogliosi tutti quelli che ti amavano. Quegli occhi e quell’amore ci sono stati portati via. La tua vita ci è stata rubata. Era il 22 settembre di una giornata che sembrava trascorrere tranquilla...

5 ottobre 2019. È una tiepida serata di inizio autunno. La giornata è trascorsa calma. Verso le 23.30 o giù di li, il tam tam ci informa di un incidente stradale a Frangarto, all'altezza dello svincolo per la Mebo, dove è rimasta coinvolta una moto di un giovane 22enne, le notizie si susseguono frenetiche, le nostre emozioni scoppiano, ed ecco, la pellicola si riavvolge, riparte il film crudo ed atroce si fa rivedere; la moto distrutta...il ragazzo a terra...l’ambulanza è sul posto...e poi eccola...la voce “è finita”!!

Scopriremo poi, che Andrea era un amico di Davide, che aveva sofferto e partecipato, in quel settembre del 2017 al funerale di Davide accompagnandolo con quel bellissimo e grandissimo corteo di moto fino al punto in cui metaforicamente Davide ha proseguito da solo la sua corsa fra i cieli immensi del paradiso...

Sì, Andrea, quante analogie... anche lui giovanissimo, anche lui figlio unico, anche lui amante della vita, anche lui Karateka, anche lui con la passione per la moto, quel mezzo in grado di far vivere le emozioni e liberare la mente, perché chi la ama lo sa, sa che quando si indossa il casco e si abbassa la visiera, è come entrare in un altro mondo, dove i pensieri e i problemi di tutti i giorni non possono entrarvi ed è così che si materializza il “mi voglio godere la vita”.

Cari genitori di Andrea, non sappiamo trovare nemmeno un aggettivo che definisca il nostro stato, chi ha perso i genitori è un orfano, esistono i vedovi e le vedove, ma noi che abbiamo perso un figlio siamo degli esseri così strani che non meritiamo nemmeno di essere citati nel vocabolario. Non abbiamo nome...

La morte dei nostri figli è il colpo più crudele che la vita può infliggerci. Il viaggio che per voi è appena iniziato, attraverso il dolore, sarà molto lungo, buio, difficile e doloroso e, volenti o nolenti, lo dovrete effettuare.

Nei primi minuti, giorni, settimane, mesi e anche anni, ci troviamo sprofondati in un dolore indescrivibile. Per noi è molto difficile portare avanti la nostra vita quotidiana o.. non pensare che alla morte. Anche quelli che una volta erano i nostri meravigliosi, felici ricordi, condivisi con nostro figlio finché in vita, ora ci procurano solo altro dolore.

Siamo genitori “Amputati” e i genitori amputati non “superano” la morte dei propri figli, né la lasciano alle spalle, come il mondo esterno sembra pensare che possiamo e dobbiamo fare. La morte dei nostri figli non è una malattia da cui si può guarire.

Si tratta di un cambiamento che modifica la nostra vita per sempre e col quale dobbiamo imparare a convivere. Siamo costretti a fare l'impossibile: costruire una nuova vita e scoprire una “nuova normalità” per noi e le nostre famiglie in un mondo senza di Loro.

Noi in questo momento ci stringiamo forte a voi in quello che è il nostro più grande dolore.













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