Giustizia

Case di riposo, le famiglie degli ospiti hanno l’obbligo di contribuire alla retta 

La decisione della Cassazione. Il caso era sorto a Bolzano quando la figlia di un’ospite di una struttura Assb si era rifiutata di compartecipare al pagamento. L’avvocato Bertoldi: «I giudici hanno accolto le nostre tesi e stabilito che l’obbligo non ha natura volontaria ma è direttamente posto dalla legge»


Valeria Frangipane


BOLZANO. Lo ha stabilito la Cassazione: i parenti (coniuge e figli) dei pazienti ospitati nelle case di riposo e nelle strutture pubbliche in genere, hanno l’obbligo giuridico di partecipare al pagamento della retta se l’anziano non è in grado di farsene completamente carico. In sintesi se non ha soldi abbastanza. Una sentenza - questa - che risolve un problema antico. Capita sempre più spesso infatti - anche in Alto Adige - che i parenti si rifiutino di partecipare alla spesa spiegando che “non ho mai firmato nulla”, “non mi sono mai impegnato ma dove sta scritto che devo pagare ... quindi non pago”.

Questione che dà il via ogni anno ad una serie di contenziosi e discussioni infinite.

E nelle settimane scorse la Corte di Cassazione si è pronunciata su questa tematica in merito ad una vertenza sorta proprio a Bolzano circa una decina di anni fa, quando la figlia di una signora ospite di una casa di riposo gestita dall'Azienda servizi sociali (Assb) si era rifiutata di partecipare al pagamento della retta dell’anziana madre perché - continuava a ripetere la donna - non si era mai formalmente impegnata a provvedere ad una eventuale integrazione. Dopo i primi due gradi di giudizio la causa è quindi approdata in Cassazione che ha dato ragione all’Azienda.

«La Suprema Corte - spiega l'avvocato Gherardo Bertoldi che ha patrocinato la causa per l'Assb insieme all'avvocatessa Laura Fadanelli, legale della provincia di Bolzano - ha accolto le nostre tesi. Sostanzialmente i giudici ritengono che l’obbligo non abbia natura volontaria, ma sia invece direttamente posto dalla legge. Per cui non ha rilevanza che il parente spieghi che “non ha mai firmato nulla” o che “non si è mai impegnato per cui dove sta scritto che devo pagare”. Perchè - dicono i magistrati - l’effetto si produce per il semplice fatto che un familiare venga ammesso ed utilizzi il servizio sociale reso disponibile dall'ente. Si tratta dunque di un obbligo che non richiede uno specifico e preventivo impegno formale su base volontaria, non serve dunque aver firmato o non firmato una carta, perché come dice la cassazione l’obbligo “discende direttamente dalla legge”.

Va anche detto che non tutti i parenti dell'ospite di una struttura socio assistenziale per anziani sono chiamati a partecipare al pagamento.

«Vero. Solo quelli espressamente individuati dalla normativa locale. In particolare, la Provincia di Bolzano, individua il coniuge ed i soli parenti entro il primo grado (i figli). Nel caso in cui i parenti versino poi in una situazione patrimoniale e reddituale tale da non rendere possibile la partecipazione al pagamento, possono presentare presso i distretti di appartenenza domanda di agevolazione tariffaria, che consente loro di ridurre significativamente od anche di azzerare l'importo dovuto. In questo caso subentra l'ultimo comune in cui l'anziano risiedeva prima di entrare in casa di riposo».

Ma cosa sarebbe accaduto se la Cassazione avesse accolto il ricorso dei familiari? «Che in Provincia di Bolzano ma anche in tante altre parti del territorio nazionale - continua Bertoldi - le varie amministrazioni che gestiscono strutture residenziali avrebbero dovuto fronteggiare centinaia di diffide con relative richieste di rimborsi e, successivamente, sarebbero verosimilmente insorti moltissimi contenziosi».

Ma c’è un’altra questione che si pone. Quando un ospite ha rilevanti problemi di salute lui o i suoi parenti devono pagare la retta? «Da circa due anni la Provincia ha finalmente previsto che qualora gli utenti soffrano di gravi ed irreversibili compromissioni neurologiche i trattamenti debbano essere a totale carico del Servizio sanitario nazionale e quindi non devono pagare nulla a titolo di retta».

Ricordiamo che la battaglia era stata potata avanti da Maurizio Puglisi Ghizzi che per anni si è trovato a pagare una parte di retta molto importante per la moglie Alessandra, allora ricoverata al Lungodegenti Firmian.

«Personalmente mi auguro - conclude Bertoldi - che le patologie stabilite dalla giunta provinciale possano essere ampliate, perché nel caso in cui le prestazioni sanitarie siano in larghissima misura predominanti rispetto a quelle socio assistenziali ed alberghiere troverei corretto che la retta si riducesse significativamente o venisse azzerata. Perché in casi così particolarmente gravi una struttura sanitaria e fors'anche ospedaliera risulterebbe senza dubbio più indicata che una struttura residenziale per anziani».













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Valeria Frangipane

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