L'omicidio

Chiede asilo in Italia la moglie del bolzanino ucciso in Brasile 

Luca Romania era stato assassinato nell’agosto 2019 e la donna ora teme per la propria vita  Qualcuno ha ancora accesso ai social del marito e un’autopsia farebbe chiarezza sull’identità di quel corpo carbonizzato


Paolo Tagliente


BOLZANO. Marta ha paura. Sa che se tornasse in Brasile quasi certamente la ucciderebbero. Marta (nome di fantasia) è l’ex moglie di Luca Romania, il quarantunenne bolzanino barbaramente ucciso nell’agosto del 2019, in Brasile, dove si era trasferito nel 2004.

Dopo quell’omicidio, ancora avvolto nel mistero, Marta ha vissuto nel terrore, con la netta sensazione di essere seguita, osservata e spiata. Più che una sensazione, a dire il vero.

Per questo, la donna ha deciso di chiedere alle autorità italiane di non tornare più in Brasile e, qualche settimana fa, a Verona, affiancata dall’avvocatessa trevigiana Chiara Gallina, ha raccontato la sua terribile storia alla “Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.

Ha spiegato d’aver conosciuto Luca nel 2013, che era padre di un figlio nato da una precedente relazione, e di averlo sposato nel 2017. La loro serenità, però, era andata in pezzi un paio di anni più tardi. Il 24 agosto del 2019, ha raccontato la donna,

Luca è uscito di casa attorno alle 20.40, diretto al vicino centro commerciale. Luca non le ha detto cosa andava a fare, ma quella è stata l’ultima volta che Marta lo ha visto vivo. Lei e il figlio di Luca, infatti, hanno atteso tutta la notte che rientrasse, inviandogli numerosi messaggi sul telefonino, ma alla fine Marta, su consiglio dell’avvocato brasiliano di Romania, s’è rivolta alla polizia per sporgere denuncia.

Compiuta senza esito una ricerca online, per vedere se fosse stato arrestato o ricoverato, un poliziotto ha dato a Marta la notizia che le ha fatto raggelare il sangue nelle vene.

«Guardi signora - le ha detto – , questa mattina, vicino all’impianto della Coca Cola di quella regione (dove abitavano Marta e Luca, ndr) hanno trovato due corpi carbonizzati». È un colpo al cuore. Marta è travolta, il suo uomo è stato assassinato, la sua vita è in pezzi. Ma non sa che quello è solo l’inizio di un incubo la cui fine sembra ancora lontana.

Innanzi tutto, le autorità brasiliane certificano che i resti del corpo ritrovato sono di Luca Romania. Lo fanno in maniera sbrigativa, quasi in contemporanea con l’arrivo dall’Italia delle immagini dell’arcata dentaria del bolzanino.

Secondo Marta, le verifiche sono davvero troppo rapide, ammesso siano state fatte. E anche il risultato del test del dna, a cui la polizia brasiliana ha voluto sottoporre i resti per dare un nome e un cognome al cadavere, è arrivato dopo solo sette giorni. Troppo poco.

«Da agosto, da quando Luca è scomparso, fino ad ottobre, quando è rientrata la sua salma, la mia vita si è fermata».

Marta lascia il lavoro e si chiude in casa. È evidente che qualcuno la pedini. Ma perché? Lei si fida solo della vicina, che è una poliziotta, e del marito di lei. Ma tante, troppe cose non tornano.

Per prima cosa, Marta scopre che la frequenza satellitare del marito, nel giorno della scomparsa, è stata cancellata. Si tratta di una cosa che in Brasile solo la polizia, su autorizzazione di un giudice, può fare.

L’amica poliziotta viene invitata dai colleghi a prendere le distanze da Marta e una serie di fatti inquietanti la convincono che la sua vita sia in pericolo. Marta chiede un backup della sim del telefono di Luca alla compagnia telefonica - lo può fare perché era intestata a lei - e inserisce la scheda in un altro telefono. Accede ad alcuni gruppi whatsapp a cui era iscritta insieme a marito. È il 26 agosto e tutto sembra regolare. Poi, il 30 ottobre, la salma di Luca Romania rientra in Italia e, qualche giorno più tardi, Marta scopre che il marito è appena uscito da uno di quei gruppi.

Com’è possibile? Il telefono di Luca non si è bruciato, quindi. Ma chi ce l’ha ora? Giorni dopo, dal profilo whatsapp di Luca vengono bloccate Marta e sua sorella. Non la mamma di Luca. Il 18 gennaio, Marta incomincia ad essere “taggata” da profili fake su Instagram. Poi, i profili scompaiono.

Il profilo di Luca viene cambiato e anche la sua foto viene sostituita. Il 13 marzo 2020, alla mail di Luca arriva un messaggio in cui gli vengono date informazioni sul covid e su come prevenire il contagio. La mail risulta partita da un app portoghese per il noleggio di motociclette.

Il 18 marzo, un’altra mail dà il ben tornato su Pinterest a Luca che, per la sua attività di tatuatore, usava quel social. Viene cambiata anche la password della mail di Luca. Le foto e i tag su Instagram aumentano. E aumenta anche la paura di Marta perché è chiaro che qualcuno sta usando i social di suo marito. Ma chi?

Marta non sa chi abbia ucciso Luca, ma è convinta che la polizia brasiliana stia coprendo chi lo ha assassinato e non esclude che la polizia stessa possa essere in qualche modo coinvolta.

Le indagini su quell’omicidio, d’altra parte, sono state chiuse e l’unico modo per riaprirle sarebbe quello di eseguire un’autopsia sul corpo di Luca, qui, in Italia. Autopsia che chiarirebbe definitivamente anche se quei poveri resti carbonizzati sono davvero di Luca. Il mistero è fitto. Ma una cosa a Marta è chiara, chiarissima: se tornasse in Brasile la ucciderebbero.













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