Il caso

Codice rosso, ogni settimana fino a 3 richieste di misure cautelari 

Parla Emilio Schönsberg, giudice per le indagini preliminari: «Grande attenzione per garantire una corsia preferenziale alle vittime di stalking e maltrattamenti. Maggiori protezioni e in tempi più rapidi»


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Il colore dei fascicoli è rosso. Non perché siano esaurite le classiche cartelle di altre tinte, ma per indicare anche visivamente che vanno trattati con la massima urgenza e grande attenzione, visto che riguardano in particolare casi di stalking o maltrattamenti in famiglia. Reati per i quali il legislatore nel 2019 ha introdotto il “Codice rosso”». Emilio Schönsberg, giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano, non ama le foto e men che meno le interviste, fa un’eccezione sull’argomento, perché affronta questi temi quasi ogni giorno. Percepisce la delicatezza e soprattutto l’urgenza di studiarli a fondo per adottare, se necessario, le misure in grado di proteggere la vittima. Ma anche la necessità di intervenire a livello culturale, partendo dall’educazione al rispetto che dovrebbe iniziare in casa e proseguire a scuola, per cercare di arginare l’escalation di violenze fisiche e psicologiche che hanno come vittime le donne.

I persecutori possono essere mariti o compagni che non si arrendono alla fine di una storia; ma anche uomini conosciuti per caso - o meglio sarebbe dire per “sbaglio” - che hanno immaginato quello che non è. Situazioni diverse capaci però di trasformare in un incubo le giornate delle vittime.

Altra cosa sono i processi che seguono l’iter “normale”, perché cui può accadere che i tempi per arrivare alla sentenza di primo grado siano lunghi. Proprio per protestare e sensibilizzare su questo tema anche di recente c’è stata una manifestazione davanti al Tribunale.

Dottor Schönsberg, reati come stalking e maltrattamenti in famiglia sono in aumento?

Non saprei dire, se sono reati in crescita. Sicuramente è aumentata la consapevolezza da parte delle donne nel denunciare. È certo che dalla Procura all’Ufficio del gip richieste di misure cautelari per questo tipo di reati ne arrivano in media due o tre a settimana.

A due anni dall’introduzione, il “Codice rosso” funziona, ovvero garantisce davvero una corsia preferenziale e un inasprimento delle pene?

Stabilito che si può fare sempre di più e meglio, a mio avviso il “Codice rosso” garantisce effettivamente più tutele alle vittime e in tempi più rapidi.

Le vittime però, spesso ci pensano non una ma mille volte prima di fare denuncia, in particolare contro i partner, perché temono di non essere credute.

Non è così. Oggi c’è grande sensibilità da parte delle forze dell’ordine che raccolgono la denuncia e da parte nostra che dobbiamo studiare caso per caso e decidere, il più rapidamente possibile, se e quali misure adottare.

Si parla di adozione di misure in tempi rapidi. Concretamente cosa significa?

Pochissimi giorni. La tempestività nell’adozione di eventuali misure è fondamentale per proteggere la vittima.

I reati più frequenti?

Stalking e maltrattamenti. Nel primo caso si tratta di atti persecutori nei confronti di una persona che magari si conosce appena. Ma è bastato, a volte, un semplice incontro per innescare la persecuzione. Possono essere telefonate a tutte le ore del giorno e della notte; appostamenti sotto casa o davanti al luogo di lavoro. Ci sono persone che non vivono più; hanno paura ad uscire di casa da sole.

Però perché possano scattare le misure di protezione nei confronti della vittima, quanti e quanto gravi devono essere gli atti persecutori?

Non è una questione di quantità. Per quanto riguarda lo stalking, possono bastare anche due episodi se sono stati sufficienti a creare nella vittima stati d’ansia o l’hanno costretta a cambiare vita.

Le misure cautelari più frequenti che vengono adottate?

Divieto di avvicinamento e nel caso di maltrattamenti in famiglia la misura può essere abbinata all’allontanamento dalla casa dove la coppia abita.

Ma secondo lei sono misure sufficienti a proteggere la vittima.

In base alla mia esperienza, dico che nella stragrande maggioranza dei casi sono sufficienti. Anche perché la persona viene anche informata su quello che rischia nel momento in cui dovesse insistere. Alle volte, in caso di segnalazione alla questura, può bastare anche un ammonimento da parte del questore a raddrizzare una situazione che stava prendendo una brutta piega.

Nel caso di stalking, la vittima può anche decidere di rimettere la querela.

Certamente. Cosa che invece non è possibile quando si tratta di maltrattamenti in famiglia.

I maltrattamenti in famiglia possono verificarsi in modi diversi. Non necessariamente attraverso le botte. Dentro le quattro mura domestiche, senza testimoni. La vittima può avere difficoltà ad essere creduta.

La Cassazione ha stabilito che se la vittima è una persona con una storia lineare sono sufficienti le sue dichiarazioni. In ogni caso vi sono anche gli strumenti per individuare possibili testimoni o comunque qualcosa che possa rafforzare la denuncia.

Capita che le vittime non lavorino o abbiano un lavoro precario, situazioni queste che possono frenare il ricorso al giudice.

Il legislatore ha previsto anche questo: nel caso in cui si disponga l’allontanamento da casa del compagno con comportamenti violenti, il giudice può ordinare il pagamento di un assegno per il sostentamento della vittima e degli eventuali figli.

Tempistica?

Immediatamente. La decisione è tempestiva.

E se la persona si rifiuta di ottemperare all’ordine?

Lo potrà fare direttamente il datore di lavoro, trattenendo la somma stabilita dallo stipendio.

Le vittime in genere vengono sentite e con quale tempistica?

In genere sì, utilizzando lo strumento dell’incidente probatorio. Anche in questo caso si cerca di accelerare al massimo i tempi, per evitare che la vittima - preoccupata per le possibili conseguenze o per paura - finisca per ritrattare. Spesso la donna si preoccupa per le ripercussioni sui figli che sono le vittime principali. È vero che il padre violento si giustifica sostenendo di non aver mai neppure sfiorato con un dito i figli. Ma qual è il danno patito da un bambino che vede la mamma picchiata o umiliata? Questa preoccupazione porta il giudice spesso a decidere il divieto di avvicinamento non solo alla donna ma anche ai figli.

Qual è l’identikit dello stalker e di colui che maltratta moglie o compagna?

Non c’è.

In che senso scusi?

Nel senso che il fenomeno è trasversale e indipendente da livello culturale e situazione economica; provenienza e credo religioso; età.

Come se ne esce?

Partendo dalla scuola. Prima ancora, dalla famiglia. Il bambino deve crescere nella cultura del rispetto dell’altro. Donna o uomo che sia.













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