Cura col plasma dei guariti, l’Asl ora valuta la nuova terapia
L’immunoterapia passiva. Bertoli (Asl): «Siamo molto interessati ad entrare nel circuito della sperimentazione. Una parte del sangue di chi ha superato la malattia, contiene gli anticorpi in grado di annientare il virus. Una strada interessante per sconfiggere il Covid»
Bolzano. «Siamo molto interessati a partecipare alla sperimentazione per valutare l'efficacia terapeutica e la sicurezza dell'immunoterapia passiva con plasma donato da pazienti guariti da Covid-19, per il trattamento di pazienti affetti da forme severe dell'infezione». Lo annuncia Paolo Bertoli, direttore sanitario dell’Asl spiegando che oggi Cinzia Vecchiato - responsabile del Centro trasfusionale - ed Elisabetta Pagani - direttrice del laboratorio di Microbiologia e virologia - saranno in videoconferenza con il Centro nazionale sangue. Lo studio si basa sul presupposto che nel plasma, dei pazienti guariti e immunizzati siano presenti i "anticorpi specifici" in grado di riconoscere e annientare il virus e ridurre il livello di infiammazione dei tessuti polmonari. «L'immunoterapia passiva - spiega Bertoli - effettuata con l'impiego del plasma di pazienti guariti da Covid, potrebbe rappresentare un’ opzione terapeutica promettente nel trattamento delle infezioni da Covid, anche sulla base di precedenti esperienze positive sperimentate per il trattamento di altre infezioni virali. La metodica presuppone un’organizzazione e autorizzazioni complesse, procedure di trattamento del sangue validate, dotazione di protocolli di inattivazione per lavorare in assoluta sicurezza ma certo noi restiamo molto interessati a questa nuova terapia ed appena saremo delle condizioni per partecipare alla sperimentazione lo faremo».
Ha fatto molto parlare nei giorni scorsi il caso di una donna incinta della seconda figlia che ha sconfitto il Coronavirus all'ospedale di Mantova grazie a due sacche di plasma iperimmune, prelevato da pazienti guariti. «Il plasma mi ha fatto rinascere», racconta all’Ansa la giovane mantovana, Pamela Vincenzi, 28 anni, ricoverata lo scorso 9 aprile seguendo il percorso Covid dedicato alla gravidanza, che si aggravata in 24 ore ed era stata trasferita in Pneumologia.
Intanto il Centro nazionale sangue fa sapere che è partito un protocollo sperimentale per trattare i pazienti Covid con il plasma iperimmune dei pazienti guariti.
«A portare avanti lo studio è l’equipe del dottor Cesare Perotti, responsabile del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del Policlinico San Matteo di Pavia. Il protocollo prevede il prelievo del plasma, tramite procedimento di plasmaferesi, da un gruppo di pazienti Covid donatori la cui guarigione sia accertata da due tamponi negativi effettuati in due giorni consecutivi e che quindi hanno sviluppato anticorpi. Il loro plasma verrà infuso in una serie di pazienti sintomatici tra quelli ricoverati in Terapia intensiva. I singoli pazienti verranno sottoposti ad un massimo di tre trasfusioni in 5 giorni di circa 250-300 ml di plasma. L’utilizzo di una terapia a base di plasma iperimmune per trattare il Covid-19 è già stato oggetto di sperimentazione in Cina e in passato tale tipo di terapia è stata usata, anche in Italia, per trattare i pazienti affetti da virus Ebola nel 2014. Il plasma - precisa ancora il Centro nazionale sangue - è la parte liquida del sangue ed è anche l’elemento essenziale nella terapia di alcune patologie, ad esempio per trattare i gravi deficit combinati di fattori della coagulazione oppure coagulopatie dovute a grave insufficienza epatica o trasfusioni massive. Può essere impiegato, per esempio, come terapia sostitutiva dei deficit di fattori della coagulazione, in emergenza, quando non sia disponibile il concentrato di uno specifico fattore della coagulazione. Tramite il processo di plasmaderivazione il plasma può essere utilizzato per creare farmaci (i cosiddetti plasmaderivati) necessari nel trattamento dell’emofilia, di malattie emorragiche congenite, delle immunodeficienze primitive e di molti disordini neurologici».