Bolzano

Gandolfi si trasferisce: al posto della cantina arriva un supermercato 

L’edificio di viale Druso sarà abbattuto: l’enoteca riaprirà temporaneamente a Frangarto



BOLZANO. Dopo quasi sessant’anni di onorato servizio la storica cantina Gandolfi in fondo a viale Druso chiuderà per sempre i battenti, sarà abbattuta e al suo posto verrà realizzato un nuovo supermercato, l’ennesimo nella zona tra Firmian e i Prati di Gries.

Un fulmine a ciel sereno per tutti gli amanti delle enoteche di vaglia, dotate per di più di cucina, ideali per tête-à-tête, cene aziendali, ritrovi fra amiche, bisbocce tra compagni di calcetto e altro, a partire dagli apprezzatissimi corsi per imparare a degustare, specie i vini francesi.

Ma - i Gandolfi tengono a sottolineare - non si chiude per difficoltà economiche, fine di un’epoca, procedure fallimentari o altre possibili umane miserie. L’azienda, infatti, nonostante la pandemia è florida e, anzi, in piena espansione, tanto da aver aperto di recente sedi a Bologna, Innsbruck e Verona e da dar lavoro ad almeno 35 persone, una ventina tra fissi e su chiamata all’enoteca, più gli agenti sul territorio.

A luglio ci si trasferirà poco distanti, provvisoriamente, con l’intenzione di aprire, in futuro, una nuova sede realizzata su misura. Non appena sarà possibile, sempre a poca distanza dall’edificio storico, in zona consorzi frutta.

La stanza del tesoro

«Mi viene male solo a pensarci». All’enoteca, come racconta David Gandolfi, terza generazione di titolari assieme al fratello Mirko, sono iniziate le grandi manovre. Perché entro i primi di agosto, se possibile anche prima, si sbaracca. Macchinari, ricordi, magazzino e quant’altro. E ci saranno pure dei traslochi da fare, perché parte della famiglia vive ancora nello storico edificio, realizzato nel 1964.

La parte decisamente più delicata dell’operazione sarà il trasferimento, in un magazzino ad hoc di cui non è dato conoscere l’ubicazione, della cosiddetta stanza del tesoro, un magico antro volutamente polveroso e rétro che sta nell’interrato dell’edificio in fondo a viale Druso.

Una collezione senza pari non soltanto a livello provinciale, la cui raccolta inizia dal 1880, prima per merito di nonno Genunzio e poi di papà Ilares. Al momento attuale conta circa 27 mila bottiglie, fra le quali alcune perle inarrivabili. Difficile attribuire un valore economico al tutto, anche perché lo scopo del gioco è stato ed è collezionare, non incassare. In una piccola grotta, come fosse una santa reliquia, c’è posato un Barolo, fine Ottocento, fornitori di casa Savoia.

Per il fatto di possederlo, la Gandolfi è citata al primo posto in una certa tal guida di supernicchia. Non tutti i vini sono bevibili, ma tanti ancora sì. Di recente se n’è stappato uno del 1898, «in condizioni perfette». Quest’anno, solo perché alla fine di una festa si erano fermate delle persone simpatiche e c’era da assaggiare un formaggio particolare, si è ritenuto di onorarle stappando uno sherry del 1921. I Gandolfi sono così. Commercio sì, ma non solo quello. C’è tanta passione, e se avanzano dei soldi, li si investe tutti in azienda. «A costo di girare con un’auto tutt’altro che di lusso e di vivere in affitto».

Lo scopo è questo: far nascere e prosperare in città una sorta di istituto per la diffusione della cultura del buon cibo e del buon vino. Una nicchia, voluta, ricercata. Altri, più smart, avranno forse maggiori fortune commerciali, ma qui gli interessi in gioco sono per così dire più elevati.

Tutta colpa del forte vento

Quindi si chiude? «Tutto vero», precisa David. «Ma non è che siamo falliti», dice ridendosela di gusto, perché fra le voci in circolazione girava anche questa. «Ci trasferiamo momentaneamente altrove». L’idea è nata cinque anni fa, l’anno di Vaia. «Un giorno il forte vento ha fatto volare via le foglie degli alberi qui vicino, che hanno intasato le canaline. L’acqua è andata oltre la guaina ed è penetrata nel controssoffitto, che è crollato distruggendo tutto».

Le assicurazioni spesso coprono quel che coprono, ossia quel che vogliono coprire e non quello che magari dovrebbero coprire. «Con ciò che abbiamo ricevuto siamo riusciti ad acquistare le putrelle per rifare il soffitto. Per fortuna, però, anche se è successo di giorno, in quel momento eravamo chiusi e non è morto nessuno o roba del genere». I Gandolfi hanno subito ristrutturato, anche perché il crollo, avvenuto a ridosso di natale, aveva portato a un bel rosso negli incassi e occorreva recuperare il più in fretta possibile. Nel frattempo si sono avviati studi statici sull’edificio.

«I quali hanno evidenziato problemi. Non tanto per le infiltrazioni, ma legati piuttosto a dieci o dodici anni di grandi lavori intorno a noi. Cemento armato e forti vibrazioni non vanno tanto d’accordo. L’edificio è stato danneggiato. E poi ci sono da contare i condomìni attorno: hanno portato una maggiore pressione sulle fondamenta degli anni Sessanta, che non prevedevano di dover sopportare tali carichi». Insomma, struttura abbastanza fragile. La diagnosi: dieci anni di vita. «Ma ne sono già trascorsi cinque...»

Le idee in circolo

David Gandolfi va oltre: «Cosa fare? Ristrutturare? Ci volevano tanti soldi per ritrovarsi poi comunque con un edificio vecchio. Demolire e ricostruire? Troppo costoso e poi avremmo comunque dovuto trasferirci altrove, portando tutti i clienti da qui a lì e poi di nuovo da lì a qui. Non aveva molto senso».

Nel frattempo è nata l’idea di aprire nuove filiali, all’ingrosso, a Bologna, Innsbruck, Verona. E le banche purtroppo non concedono facilmente prestiti alle imprese commerciali. «Producessimo vino, se fossimo proprietari di vigneti, il credito sarebbe assicurato, ma così...»

E allora, si è preferito vendere. Niente residenziale, perché la destinazione d’uso è e rimane commerciale. E così, dopo Eurospar, MPreis, Aldi e il non lontano Poli al Centrum di Tosolini, arriverà un altro supermercato. Ci sono di mezzo i patti di riservatezza e i vari contratti della complessa operazione devono essere ancora firmati, quindi per ora rimane il mistero su chi subentrerà.

La nuova era

Con la vendita della vecchia cantina, sarà possibile finanziare l’apertura delle nuove sedi business to business di Verona e Hall in Tirol, il trasferimento in una nuova enoteca con cucina, l’affitto di un grande magazzino a Bolzano Sud (se dovesse essere in zona mista, anche con vendita al dettaglio e magari pure con mescita). La nuova enoteca con cucina - anche qui i Gandolfi per ora non si sbilanciano, ma da indiscrezioni dovrebbe trattarsi di un locale a Frangarto - sarà molto vicina all’attuale. «Un minuto e mezzo di auto senza traffico, altrimenti sono tre».

Sessanta posti auto, più degli attuali. E uno shuttle per riportare a casa i clienti. Per accaparrarsela, i Gandolfi hanno avuto la meglio su altri undici aspiranti gestori. I corsi di degustazione invece, questa per ora l’intenzione, si terranno nella futura sede in Zona.

Il ritorno al passato

«Mio nonno - conclude David Gandolfi - a inizio anni Sessanta aveva avuto il desiderio di unire in un’unica sede vari negozi che aveva, sparsi per la città. All’epoca, la visione locale del commercio era molto ristretta, con forti limitazioni politiche.

Per riuscire nell’impresa, si mise in società con un altoatesino. Intestò tutto a lui. Fecero un accordo: tu mi realizzi l’azienda e appena pronta me la restituisci. Quello avrebbe potuto tenersela, ma non lo fece. Allora gli affari si facevano così: mio nonno si fidò e fece bene. Adesso percorreremo la strada all’inverso: più vicini ai nostri clienti, più sedi». DA.PA.













Altre notizie

Attualità