Ghiacciai, un’estate drammatica 

La campagna di rilevamento. Il servizio glaciologico Cai Alto Adige: situazione tragica, si ritirano con un’accelerazione impressionante Il Fontana Bianca in val d’Ultimo è destinato ad estinguersi in breve tempo. L’allarme per l’agricoltura: problemi di approvvigionamento idrico 


Davide Pasquali


Bolzano. L’arretramento dei ghiacciai è drammatico a livello mondiale e le Alpi non fanno di certo eccezione, con l’Alto Adige tra le prime file. «Il fenomeno, iniziato negli anni Ottanta, oggi sta subendo un’accelerazione impressionante. Un caso emblematico è il ghiacciaio di Fontana Bianca, in val d’Ultimo, che è destinato ad estinguersi in breve tempo». Non sono le previsioni catastrofiste di qualche invasato o di qualche ambientalista radicale, ma dati di fatto documentati scientificamente. A chiarirlo è il generale Pietro Bruschi, coordinatore del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, che da oltre vent’anni monitora sul campo i nostri ghiacciai.

La campagna 2020

Si avvicina il periodo per la raccolta dei dati sui ghiacciai della provincia e gli operatori del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige (d’ora in poi SgAA) si stanno preparando per questa importante missione, che nelle prossime settimane li vedrà alle fronti di alcuni dei più importanti ghiacciai dell’Alto Adige. È dal 1998, da quando Franco Secchieri fondò con Costantino Zanotelli questa struttura, che puntualmente ogni anno vengono rilevati i parametri glaciologici per redigere le relazioni da inserire nelle pubblicazioni del Comitato Glaciologico Italiano, con cui il Cai altoatesino collabora. Una preziosa collaborazione è inoltre in atto anche con l’Ufficio Idrologia e dighe (ex Ufficio Idrografico) della Provincia, che sostiene in maniera concreta l’operato del SgAA. Attualmente il coordinatore del servizio è il generale Pietro Bruschi che, sempre con il supporto scientifico del geologo Franco Secchieri, organizza i diversi sopralluoghi nonché le ricognizioni aeree di appoggio alle osservazioni a terra.

Accelerazione impressionante

Come illustra quest’ultimo, le regole meteo-climatiche impongono che le campagne di rilevamento vengano effettuate alla fine della stagione di ablazione (estate), per valutare anche qualitativamente il bilancio di massa per i ghiacciai, cioè la differenza tra la neve caduta e quella (compreso nevato e ghiaccio) persa per fusione. «Quello che ci si appresta a constatare nelle prossime settimane pare purtroppo confermare la situazione attuale di riduzione delle masse glaciali, un fenomeno iniziato attorno alla metà degli anni ’80 ed oggi in impressionante accelerazione».

I grandi termometri naturali

Osservare il comportamento dei ghiacciai contribuisce a valutare le modifiche climatiche in atto: come valutare attraverso grandi termometri naturali la temperatura del Pianeta che, in maniera incontrovertibile, presenta preoccupanti sintomi febbrili.

La prima diagnosi è negativa

Anche grazie ai rilievi degli operatori del SgAA è possibile definire una diagnosi glaciologica che si preannuncia ancora una volta preoccupante, avvalorata dalle prime documentazioni fotografiche che cominciano ad affluire. «Le tracce della nevicata estiva dello scorso luglio sono già scomparse su buona parte dei ghiacciai fino alle quote più elevate e le temperature in questo periodo sono in ulteriore aumento con lo zero termico che è previsto sopra i 4000 metri di quota, addirittura a 5000 m per le Alpi Occidentali». Questo significa che anche i bacini di accumulo si trovano in condizioni di ablazione accentuata, con un consumo accelerato delle risorse derivanti dalle precipitazioni invernali. «Come dire che se queste condizioni dovessero continuare, nel breve volgere di tempo tutti i ghiacciai verrebbero a trovarsi in una situazione climatica incompatibile con la loro permanenza». Attenzione che, ammonisce Secchieri, «quando parliamo della riduzione o scomparsa dei ghiacciai non dobbiamo pensare solo ad un danno paesaggistico e/o ambientale, perché in tali condizioni viene meno la preziosa riserva idrica che alimenta torrenti e fiumi nella stagione estiva». Un problema dunque di approvvigionamento, soprattutto per l’agricoltura della pianura, «venendo a deteriorarsi sempre più la funzione di volano svolta dalla montagna e dai suoi ghiacciai».

Battuti a tappeto

L’appuntamento è dunque a breve con i ghiacciai dell’intera provincia, da quelli dell’Ortles-Cevedale a quelli delle Venoste, da quelli della val Ridanna e fino alla valle Aurina. Gli operatori del SgAA si recheranno alle fronti per misurarne le variazioni («certamente in arretramento») e per valutare complessivamente lo stato dei ghiacciai, annotando alcuni parametri fondamentali come ad esempio il limite delle nevi dell’anno. Quest’ultimo è un dato di grande interesse, perché definisce il rapporto tra l’estensione del bacino collettore e quello del bacino ablatore, in pratica tra la superficie in perdita e quella di accumulo. In condizioni di equilibrio (cioè con la massa accumulata uguale a quella persa) la percentuale dovrebbe attestarsi sopra il 60% per l’accumulo. «Purtroppo, in alcuni casi recenti, tale percentuale si è ridotta fino a raggiungere quasi lo 0%, un dato certamente significativo delle condizioni del glacialismo alpino».

La coscienza collettiva

La funzione del SgAA non è di fornire ipotesi o motivazioni sulle cause del cambiamento climatico in atto, ma certamente la testimonianza che i suoi operatori riportano dalle loro osservazioni «dovrebbe quanto meno far ulteriormente riflettere anche sui nostri comportamenti singoli e collettivi». L’appuntamento è dunque a brevissimo, «prima che la neve autunnale metta a riposo i ghiacciai dopo il trauma estivo che ancora una volta hanno subito».













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