L'INTERVISTA

Gianni Pontarelli: «Tre anni fa il lockdown. Ho perso sette pazienti» 

Il medico. Covid, in Alto Adige il primo morto tra l’11 marzo 2020. Oggi sono più di 1.600 «Non sapevamo che farmaci usare. Mi sono curato con l’idrossiclorochina. Ho avuto paura»



Bolzano. L’11 marzo di tre anni fa - era un mercoledì - è scattato il primo lockdown.

In Alto Adige il primo paziente è entrato in Rianimazione il 9 marzo 2020. E in tre settimane sono diventati più di 50. Il primo decesso tra l’11 ed il 12 marzo. Una donna di 85 anni e c’era stata una vittima anche in Trentino. Oggi ne contiamo più di 1.600.

Gianni Pontarelli, medico di famiglia a Bolzano e responsabile dell’ambulatorio “cure primarie” aperto al Pronto soccorso del San Maurizio, tra i primi a vaccinare nei centri Asl, ripercorre l’incubo. «Non esisteva una cura standardizzata, nessun protocollo. Ho perso sette pazienti, tutti anziani, è stato molto doloroso, non si può morire così. Ho preso il Covid da uno di loro e ho temuto di non farcela. Per me questo virus è uscito da un laboratorio, colpiva troppi organi non ho mai visto una potenza del genere».

Quando è iniziata la paura?

Vedevo le immagini che arrivavano dalla Cina con la gente che cadeva a terra fulminata, sembrava fantascienza. Poi a marzo 2020, all’inizio della pandemia in Italia, ho preso il Covid e sono andato in ospedale a fare la Tac. Ho visto i tendoni allestiti all’esterno del Pronto soccorso e decine di letti con i pazienti attaccati al respiratore. Lì ho capito ed avuto paura. Molta paura.

Come ha fatto con i pazienti?

Ci bombardavano di telefonate e di richieste di aiuto. Avevo detto loro di non venire in ambulatorio, se stavano male. Avrebbero fatto ammalare gli altri, ma l’hanno fatto lo stesso. E purtroppo tra i tanti che si sono ammalati, sette sono morti, erano tutti anziani over 80. Un giorno, era venerdì 13 marzo 2020, arriva in studio un paziente di 84 anni che pochi giorni dopo è morto di Covid. Stava male, aveva febbre, tosse, l’ho visitato con la mascherina Ffp2 ma la protezione non è bastata. Il virus è passato lo stesso. Pochi giorni dopo la visita, mi è venuta la febbre alta, avevo 39. Lo ricordo bene era la notte tra martedì 17 e mercoledì 18 marzo.

Da medico lei si è fatto anche paziente, cosa ricorda?

Stavo davvero molto male, avevo una polmonite senza tosse, non faticavo a respirare. Sono andato subito a farmi visitare al pre-triage del San Maurizio, dove mi hanno sottoposto a tampone, fatto i raggi al torace e controllato l’emogas. È emerso, come del resto avevo già capito, che avevo il virus ed una lesione polmonare. Sono tornato a casa e mi sono curato col Plaquenil a base di idrossiclorochina - un potete antimalarico che all’inizio funzionava molto bene contro l’infezione - e un antibiotico. Dovete ricordare che non c’erano protocolli di cura, si andava per tentativi.

La malattia è stata dura?

Sì ho avuto pesanti problemi polmonari, ma non ho mai avuto bisogno dell’ossigeno per respirare, incubi notturni non raccontabili, la febbre che era scesa al decimo giorno, mi è risalita a più di 38. Mi sono spaventato ed ho pensato al mio paziente che non ce l’aveva fatta. Poi man mano che passavano i giorni la situazione ha iniziato a migliorare ed io a stare meglio. Dopo un mese sono tornato al lavoro, ma per sei mesi mi sono sentito uno straccio. La nostra categoria ha pagato un prezzo altissimo al virus e adesso tanti colleghi, finita la pandemia, hanno scelto la pensione anche se potevano aspettare. Sono sfiniti, è stata durissima.

A dicembre 2020 i primi vaccini, cosa ricorda di quei giorni?

Era il 27 dicembre 2020 e sono scattate le prime immunizzazioni al personale sanitario. Finalmente eravamo alla svolta. A gennaio 2021 abbiamo iniziato a immunizzare anziani e fragili, ricordo che sono andato a lavorare nei centri vaccinali. La popolazione si metteva in coda perché aveva paura. Non c’erano ancora i no vax.

Il Covid l’ha cambiata?

Sì. Parlo da medico e da paziente. La malattia mi ha trasformato profondamente e mi ha insegnato a vivere qui ed ora. Quando stavo male e tentavo di curarmi, mi dava una mano un mio amico medico di Terni: seguiva il decorso di un infermiere che aveva i miei sintomi e che si era ammalato tre giorni prima di me. Quando ce l’ha fatta, ho capito che ce l’avrei fatta anche io. V.F.













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