la protesta

Gli infermieri: «Noi, spostati come birilli e ci tagliano lo stipendio» 

«Stracarichi di lavoro. In Pronto soccorso i pazienti ci insultano Ma l’Azienda sanitaria invece che venirci incontro ci penalizza. Così tanti scappano nel privato»



BOLZANO. Gli infermieri non ci stanno. In Alto Adige ne mancano circa 400 e troppi stanno pensando di abbandonare il pubblico per il privato. L’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso stracolmo la mail di pochi giorni fa con la quale l’Asl ha comunicato la decisione di tagliare in busta paga, dal primo aprile, il plus orario fino ad un massimo di 81 euro (si tratta in sintesi di ore aggiuntive programmate con una maggiore remunerazione).

Indignata la loro reazione.

«Siamo arrabbiatissimi. Dopo tutto quel che ci hanno promesso ci troveremo lo stipendio decurtato. Questi ultimi tre anni sono stati pesantissimi. All’ospedale di Bolzano abbiamo trasferito un gruppo operatorio di 15 sale lavorando in condizioni che è difficile spiegare a chi non può vedere e capire cosa significhi. Ricopriamo più mansioni e l’Asl invece che premiarci ci sottomansiona per mandare avanti la baracca perchè la carenza di personale è pesantissima tra noi infermieri, operatori socio sanitari e ausiliari. Durante la pandemia ci hanno spostato come birilli con ordini di servizio che ci piovevano in testa da un giorno all’altro. Ci hanno chiamato “angeli” e adesso con la scusa di redistribuire le ore ci decurtano del 5% il plus orario con l’unico scopo di ridurci lo stipendio».

Ma sono loro a metterci la faccia in corsia. «In Pronto soccorso i pazienti ci insultano perché le attese sono eterne. Siamo noi a pagare gli errori di valutazione della dirigenza e se sbagliamo per colpa del sovraccarico di mansioni, ci denunciano. Lavoriamo con passione, altrimenti non potremmo resistere, ma non siamo volontari e siamo stanchi di un’Azienda che sbandiera l’eccellenza sulla nostra pelle».

Ormai nel pubblico - spiegano altri - ci sta passando la voglia di lavorare. «Se tutto va bene tra 10 anni me ne vado in pensione forse se vado ad informarmi in qualche clinica privata, vivo in po' meglio chissà provare non costa niente». Qualcuno pensa allo sciopero, ma manca la coesione. «Come categoria non siamo molto uniti anche se in questo momento sarebbe importate incrociare le braccia. Dovremmo farci sentire e non continuare a subire». Massimo Ribetto, del coordinamento provinciale del Nursing Up, chiede ai vertici Asl e alla Provincia se è così che pensano di attrarre e incentivare figure che si faticano a trovare sul mercato del lavoro. «È in questo modo che vogliamo evitare che i nostri professionisti vadano a lavorare negli altri Paesi? È così che la Provincia si prende cura di chi garantisce la qualità della sanità pubblica». V.F.

 













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