la pandemia

Green pass obbligatorio per lavorare: le aziende premono, i sindacati frenano 

Proposta di Confindustria al governo per tutelare i collaboratori ed evitare nuovi lockdown. Corrarati (Cna): «Il vaccino deve essere previsto come requisito per ottenere l’idoneità al lavoro». Cgil, Cisl e Uil favorevoli all’immunizzazione, ma contrari agli obblighi


antonella mattioli


BOLZANO. Al momento l’obbligo di vaccinazione riguarda solo il personale sanitario, ma di fronte all’aumento dei contagi, “spinti” anche dall’avanzare della variante Delta, e temendo nuovi possibili lockdown in autunno, anche l’economia cerca di correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Come? Nell’unico modo possibile: rendendo obbligatorio il Green Pass - ovvero vaccinazione, tampone negativo non più vecchio di 48, guarigione - per entrare e lavorare nelle aziende. La proposta, inviata da Confindustria al governo, si scontra però con i sindacati, favorevoli alle vaccinazioni e ai test, contrari agli obblighi.

Francesca Mariotti, direttrice generale di Confindustria, nella lettera agli associati spiega che “l’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro”. Nel caso di rifiuto, “il datore di lavoro, ove possibile, potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell’azienda”.

Gli imprenditori

«Quando tutto è iniziato nella primavera del 2020 - spiega Stefan Pan, imprenditore bolzanino, già presidente di Assoimprenditori e oggi membro della presidenza di Confindustria - assieme ai sindacati abbiamo messo a punto i protocolli di sicurezza, spingendo contemporaneamente sulla necessità di fare i test. Adesso abbiamo i vaccini, l’arma che ci consente di preservare la sicurezza di tutti, tutelando la salute e i posti di lavoro. È il momento della responsabilità, non possiamo permetterci un ulteriore lockdown e dobbiamo ricordarci quanti morti abbiamo avuto anche in Alto Adige assieme al collasso del sistema sanitario. Per tutto questo al centro delle scelte ci deve essere la tutela della salute della collettività, non la libertà del singolo di rifiutare il vaccino esponendo se stessi e gli altri al rischio di ammalarsi. Spero che il governo abbia il coraggio di prendere decisioni che sono fondamentali per la tenuta dell’intero sistema».

Gli artigiani

Con Confindustria si schiera Claudio Corrarati, presidente regionale di Cna, partendo da una premessa di tipo giuridico: «Oggi se un lavoratore si ammala, nel caso in cui dimostri che ha contratto il virus in azienda in quanto non sono state adottate tutte le misure di sicurezza richieste dai protocolli, il datore di lavoro può essere chiamato a risponderne penalmente e civilmente, in quanto il Covid è riconosciuto come infortunio sul lavoro. Di fronte ad una responsabilità di tale portata, la vaccinazione dovrebbe essere prevista come obbligatoria per ottenere dal medico l’idoneità a lavorare; in caso contrario togliamo la responsabilità del datore di lavoro. Detto questo non ci sono alternative al vaccino, visto che con il virus dovremo convivere a lungo. Del resto da bambino, come tutti quelli della mia generazione, sono stato vaccinato e questo è servito a debellare malattie gravi che in passato hanno causato morti e gravi invalidità. Ma allora nessuno andava in piazza a protestare contro i vaccini».

I sindacati

Favorevoli ai vaccini e ai test, contrari all’obbligo di immunizzarsi per entrare in azienda e poter lavorare, si riassume così la posizione dei segretari di Cgil, Cisl e Uil. «Se si seguono i protocolli di sicurezza - assicura Cristina Masera (Cgil) - in azienda non ci si può infettare. Non vorrei che obbligando tutti a vaccinarsi - cosa per altro impossibile in assenza di una legge come si è fatto per i sanitari - si finisca per non rispettare più le norme di sicurezza come mascherina, distanziamento, disinfezione delle mani». Contrario agli obblighi anche Toni Serafini (Uil): «In fabbrica e nei cantieri edili riteniamo di operare con il convincimento e la condivisione, perché in quei luoghi vi sono spazi, in cui si può lavorare mantenendo le distanze, con la sanificazione dei locali e l’uso della mascherina se serve. Detto questo è auspicabile un’adesione massiccia alla vaccinazione». Disponibile a discutere di Green Pass Dieter Mayr (Cisl), ma a certe condizioni: «A chi non vuole o non può vaccinarsi, deve essere data la possibilità di sottoporsi all’interno dell’azienda al tampone antigenico gratuito».

 













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