La storia

Il giorno nero dell’automobilista bolzanino: «Un’odissea»

Il racconto di un giorno passato imbottigliati nel traffico, giovedì scorso: scontiamo 20 anni di promesse



BOLZANO. Il giorno nero di Bolzano - andato in scena giovedì scorso, ma potrebbe avvenire in un qualsiasi giorno con la pioggia, i cantieri e l'invasione dei turisti col maltempo - inizia in via Renon. Un povero cristo che guardi il navigatore legge: per imboccare la tangenziale bolzanina (leggi Ss 12 sotto il Virgolo e arginale ) serve “girare a destra verso via Macello”. E finire sotto il tunnel dei Piani. Se il povero cristo è l’autista di un tir capita che incontri anche due autisti della Sasa. E che tutti e tre si guardino per il lungo e il corto per due ore, lì, all’imbocco della “direttrice tangenziale” bolzanina. Se il povero cristo è invece in auto e, per caso, abbia avuto la ventura di essersi letto i giornali degli ultimi vent’anni, avrà modo, nell’attesa di riandare a tutti i progetti che, tra i tanti, l’Alto Adige ha avuto la buona grazia di pubblicare.

Partendo dal raddoppio dell’arginale, prima sollecitato (da Salghetti) poi cassato (dai successori), passando attraverso i lucidi forniti qualche anno dopo da Christian Tommasini e giunti direttamente dalla sua scrivania di vicepresidente provinciale intorno alla ss12 a doppia canna interrata. Transitando poi per il loro sviluppo, consistente nella suddivisione in lotti della circonvallazione urbana, che dalla spaghettata di penetrazione verso la MeBo e la Zona si inerpicava verso il Virgolo per concludersi trionfante sotto Monte Tondo. Era intorno a 15 anni fa.

Poi la A22 in galleria data per certa tra firme e brindisi a palazzo Widmann, arenatasi come di prammatica nelle secche della concessione autostrade. Ma poi, il povero Cristo, rileggeva mentalmente la soluzione “a ritroso“ dell’ennesima Ss12 in galleria , riesumata per sfinimento. Ma a canna singola. E allora il nirvana era dietro l’angolo . Il ritorno alla realtà, finito il sogno di soluzioni viabilistiche strutturali, era consistito in una inversione di marcia con un raggio di virata di un metro e mezzo, un breve viaggio verso Bolzano nord (la città era così intasata alle 11 che via Garibaldi appariva come una quattro corsie di Los Angeles nell’ora di punta) dove nulla di quello che stava accadendo verso sud appariva sui display. E neppure sul navigatore.

In coda, sospeso sopra la città, tornava in mente, al povero Cristo, l’altro progetto letto e riletto: il viadotto autostradale che diventava tangenziale urbana. A volo d’uccello sulla Zona. Con anche, ben disegnate, le uscite a picco verso ponte Campiglio o via Roma. Capaci , nei lucidi progettuali, di superare in un lampo, una pendenza di cinque metri e più. E poi ancora sovveniva l’idea dell’assessora Lorenzini: «No, niente tangenziale sospesa. Sogno una high Line come quella di New York , una lunga passeggiata tra le piante...».

Il sogno, dell’assessora e del povero Cristo, aveva poi modo di svilupparsi, espandersi e infine concludersi, molto prosaicamente, a Vadena. Alla vista di quel solo rimorchio, piegato dolcemente sulla mezzeria , che aveva bloccato per una giornata tutta una città. E la sua provincia. Ma all’ultimo era giunto un estremo pensiero: ma la terza corsia dinamica? Quella fatta, quasi finita e promessa e che avrebbe consentito almeno ai tir di avanzare, pur lentamente, fino al termine della notte?

Meglio non riandare a quell’ennesimo progetto. Su, l’A22 sembra libera. Basta sognare. Almeno fino al prossimo progetto.













Altre notizie

Commercio

Merano, in dodici anni persi 36 punti vendita in città

Il punto sull’economia promosso dalle associazioni di commercianti e artigiani. L’ex governatore Durnwalder: «Alla Provincia bisogna presentare idee chiare». La replica “meranese”: «Siamo in prima fila sul tema dell’innovazione»


Jimmy Milanese

Attualità