Il neonato è morto soffocato 

Lo ha stabilito l’autopsia. Il bimbo è nato vivo e in buone condizioni. Il decesso è sopravvenuto dopo i primi respiri. Non è stato strangolato Ieri la donna, davanti al giudice Michaeler, ha preferito non rispondere ad alcuna domanda. Fermo convalidato e custodia cautelare in carcere


Mario Bertoldi


Bolzano. Il neonato di Lana trovato morto e abbandonato in un cespuglio in una zona residenziale sopra il paese, è nato vivo, ha vissuto pochi minuti, poi è deceduto per soffocamento. Lo ha stabilito l’autopsia svolta ieri su disposizione della Procura della Repubblica di Bolzano. Per il momento resta confermato il capo d’incolpazione (provvisorio) formulato dalla pubblica accusa che parla di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. L’autopsia non ha però permesso di ricostruire il dramma in via definitiva. L’unico elemento sino a questo momento accertato è che il piccolo è nato vivo, pesava oltre 3 chili ed era in buone condizioni di salute. L’anatomopatologo ha però rilevato che dopo aver iniziato a respirare in maniera autonoma il piccolo è morto soffocato. Come si ricorderà il neonato venne rinvenuto con il viso ed il collo avvolti in una grande sciarpa con cui potrebbe essere stato provocato il soffocamento. Il corpo presentava anche altre lesioni che, «tuttavia - si legge in una nota diffusa dalla Procura - non hanno avuto alcun esito mortale e sono compatibili con la caduta presumibilmente avvenuta dopo la morte».

Nel frattempo ieri mattina il giudice delle indagini preliminari Peter Michaeler ha convalidato il fermo disposto dal pubblico ministero nei confronti della giovane donna romena sospettata di aver tolto la vita al figlioletto appena messo al mondo. La donna, che ha 25 anni ed è madre di un altro bambino di due anni che vive in Romania con i parenti più stretti, ieri davanti al giudice si è avvalsa della facoltà di non rispondere. L’indagata è parsa provata ma ha preferito tacere , non si sa se per una scelta strategica processuale (era assistita da un’avvocatessa d’ufficio) o se non abbia avuto la forza psicologica di rivivere il dramma e raccontare al magistrato la sua verità. Il giudice Michaeler ha comunque convalidato il fermo e ha accolto la richiesta della Procura di disporre la custodia cautelare in carcere per pericolo di fuga e di inquinamento prove. Il magistrato ha motivato questa decisione con i diversi risvolti ancora non chiari di tutta la vicenda puntualizzando che tra qualche giorno o settimana potrebbe essere sufficiente una misura cautelare meno afflittiva.

In effetti le indagini sono tutt’altro che concluse e la decisione della donna di non collaborare, almeno per ora, con gli inquirenti non sta certo facilitando la necessità di arrivare alla verità piena di quanto accaduto. Andrà in primo luogo verificato se la donna abbia potuto agire da sola (il neonato dopo il parto e probabilmente prima della morte è stato pulito) o se al contrario qualcuno abbia partecipato attivamente al dramma. Sono particolari non di poco conto anche sotto il profilo tecnico processuale in quanto per la donna romena l’imputazione potrebbe anche essere derubricata in infanticidio (pena massima 12 anni), qualora fosse provato che la giovane mamma si trovasse in una condizioni di “abbandono materiale e morale” e che la soppressione del neonato sia avvenuta subito dopo il parto.

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