Il raduno dei Palmarin, da Rovigo a Bolzano
Si sono ritrovati a San Martino di Venezze i discendenti delle famiglie emigrate in tutto il Nord - molti per lavorare nelle fabbriche della Zona - in cerca di una vita migliore
BOLZANO. “Piacere Palmarin”. “Piacere mio! Anche io sono un Palmarin”.
Questo il saluto nello scambio di presentazioni all'agriturismo Corte Carezzabella di San Martino di Venezze (Rovigo).
Le famiglie Palmarin di diverse città si sono incontrate per ritrovarsi e conoscersi, arrivando alla spicciolata nel piazzale della corte il cui nome deriva dal toponimo “Carezà bela” “bella strada.carrabile”, quella che ancora oggi attraversa l’intera proprietà.
Molti gli abbracci di parenti che per molti anni non si erano visti. Una festa piacevole e intensa, per coloro che erano partiti ancora piccoli ottant’anni fa, insieme ai loro genitori, per cercare lavoro altrove: Padova, Rovigo, Milano, Verona, Bolzano, Venezia e Regina (Canada).
Si sono ritrovati quasi tutti qui, insieme a figli e nipoti, dopo anni di lavoro negli uffici e fabbriche del nord, o anche da liberi professionisti.
Una festa di giovani e meno giovani che si sono abbracciati all'interno di una corte, vicino al frutteto che fa ancora parte del luogo dove avevano lavorato almeno 100 anni prima i loro avi ancora ragazzi. Qualcuno partito per la bonifica dell'Agro Pontino e mai tornato, qualcuno emigrato in altro continente e impiegato nelle fabbriche canadesi, quando le prospettive di lavoro del polesine non erano allettanti, altri impiegati in uffici e banche, altri rimasti nelle vicinanze e molti assunti dalle grandi fabbriche del nord, “Lancia” e “Acciaierie” di Bolzano in primis.
Un raduno quindi di Palmarin imparentati e non, accomunati dal cognome e da un grande desiderio di stare insieme. Uno spazio dedicato a ognuno, per ripercorrere le tappe della propria vita, nel quale si sono raccontati soprattutto gli anziani; la storia della propria infanzia, la scuola, la guerra, i bombardamenti, le case del quartiere semirurali a Bolzano dove in poco spazio si dormiva in dieci, la fabbrica, la fonderia, i forni sempre accesi, la polvere, il caldo insopportabile e il “tirare avanti” con quello che si aveva.
Emblematica la storia di Beppino che a 90 anni ricordava in maniera particolare date e nomi, commovente quella di altri, e in loro vece dei figli che qui sono arrivati, e che hanno portato le loro memorie, le memorie di chi non c’è più, e che ha cercato di costruire un futuro onesto in città nuove e inizialmente sconosciute.
È accaduto anche che ricordi apparentemente unici, si ritrovassero inconsciamente sovrapposti e collegati a vicende di qualcun altro, per poi scoprire in alcuni casi, un legame parentale che c’era davvero e anche vicino. E inoltre il ricordo dei “gondolier de casada” che hanno portato avanti con questo cognome, una tradizione veneziana, perché si dice anche che da quella città parta l'origine di quel cognome. Emozioni e risate poi hanno anche riempito la giornata di chi aveva scelto di arrivare qui, allietato dall'ottima cucina dei fratelli Lucchin e dalla disponibilità di Chiara, la proprietaria dell'agriturismo, che ha illustrato quel luogo ancora ricco di storia. Tutto terminato con l’impegno di un prossimo incontro, legati nonostante tutto a questa terra, e all’insegna del cognome.