l'indagine

Impiegati provinciali: 7 su 10 in smart working 

Su 12.339 dipendenti, 4.400 svolgono un’attività idonea al lavoro agile. Oltre tremila di loro lavorano da casa almeno un giorno alla settimana. Ecco tutti i pro e i contro



BOLZANO. Considerando i dati forniti dalla Provincia, non è complicato fare due conti: su 12.339 dipendenti, 4.400 svolgono un’attività idonea al lavoro agile. Al momento, ne stanno usufruendo in oltre 3.000. Stiamo parlando di oltre il 68% degli impiegati. In pratica, 7 su 10 stanno uno o più giorni la settimana in smart working.

Per poter meglio comprendere e gestire il fenomeno, la Provincia, assieme all’Arge Alp, ha commissionato uno studio i cui risultati sono ora stati pubblicati.

I risultati dello studio

Nel 2020 la direzione generale della Provincia ha incaricato il controlling dell’ufficio organizzazione di svolgere due indagini (una a giugno e l’altra a settembre) rivolte al personale in home/smart working e al personale con ruolo dirigenziale o di coordinamento al fine di far emergere l’opinione dei dipendenti relativamente a esperienza maturata, vantaggi e criticità riscontrati. Alla prima indagine hanno risposto 2.690 dipendenti, mentre la seconda ha visto la partecipazione di 2.499 rispondenti. Tra una rilevazione e l’altra si è innanzitutto osservato un consistente calo di rispondenti che affermavano di aver lavorato in smart working nei tre mesi precedenti, passati dal rappresentare l’86,2% degli intervistati ad essere poco più di due terzi del campione considerato (69,5%).

È però anche emerso come sia calata, indistintamente in tutti i dipartimenti, l’intensità del ricorso al lavoro agile, ovvero il numero medio di giornate svolte in modalità agile per singolo mese.

Due i grandi vantaggi

In entrambe le indagini è stato chiesto di indicare in che misura si ritenessero alcuni aspetti dello smart working essere dei vantaggi. Sono principalmente due gli aspetti nei quali è stato riconosciuto il beneficio: maggiori possibilità di conciliazione vita-lavoro e risparmio di tempo per gli spostamenti. Interessante è però anche osservare come si sia registrata una crescita importante dei valori per tutti gli aspetti e in particolare per quello precedentemente ritenuto meno vantaggioso, la riduzione dello stress, che, grazie a una crescita di 10 punti percentuali, lascia l’ultima posizione.

Gli svantaggi

In termini di svantaggi, gli aspetti percepiti come più problematici si sono rivelati essere l’isolamento e la carenza di informazioni rispetto a quanto accade in ufficio, la dotazione tecnologica e la comunicazione coi colleghi.

La tendenza generale al miglioramento dei risultati tra la prima e la seconda indagine si è resa però ulteriormente evidente relativamente agli svantaggi, poiché quasi tutti i valori sono risultati essere in diminuzione.

Chi desidera proseguire?

È stato quindi domandato ai partecipanti di indicare il proprio interesse a proseguire l’esperienza di smart working anche in futuro. È emerso un interesse piuttosto evidente a poter continuare a svolgere la propria attività lavorativa in modalità agile. In particolare, dalla prima alla seconda indagine, la quota di coloro che si sono dichiarati interessati a prescindere dalle condizioni è cresciuta dal 49,6% al 64,6%. Si è contemporaneamente assottigliata la quota (passata dal 37,1% al 27,7%) di coloro che sarebbero interessati, ma che attenderebbero di conoscere le condizioni, così come di coloro che sono tendenzialmente non interessati (dal 7,7% al 5,4%) o per niente interessati (dal 5,6% al 2,3%).

A chi ha risposto di essere interessato è stato quindi chiesto di indicare quanti giorni a settimana lavorerebbero in smart working, ad emergenza conclusa. In entrambe le indagini ben 8 dipendenti su 10 hanno dichiarato di essere disponibili a lavorare almeno due giorni a settimana in smart working. Tra la prima e la seconda rilevazione l’opzione “due giorni” è però divenuta più popolare dell’opzione “più di due giorni”, essendo la prima passata dal 35,8% al 41,8% e la seconda dal 44,2% al 37,2%. Ciò è riconducibile prevalentemente ad un cambio di preferenze tra le dipendenti donne, poiché tra il personale di sesso maschile le percentuali di risposta tra le varie opzioni è rimasta più o meno invariata.

DA.PA

 













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