Il caso

In Alto Adige palestre penalizzate dal GreenPass 

I gestori: impossibile lavorare così. Bonamico (Centri fitness): «Nel resto d’Italia la certificazione verde non serve e ad aggravare la situazione i test nasali gratuiti che non sono più riconosciuti. Chi non ha il vaccino deve fare ogni 48 ore il tampone a pagamento».


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Siamo rimasti fermi otto mesi durante la pandemia, adesso un’ulteriore penalizzazione. In Alto Adige, da quando quattro settimane fa si è potuto riaprire, le regole d’accesso a palestre e centri fitness sono più severe rispetto al resto d’Italia. In quanto dobbiamo chiedere il GreenPass ai clienti. Come se non bastasse, a peggiorare la situazione, dal primo luglio non sono più validi i test nasali autosomministrati gratuiti. Per la nostra categoria questa è l’ennesima batosta». Armin Bonamico, portavoce dei gestori dei centri fitness dell’Unione, guarda con forte preoccupazione a quello che succederà a partire da lunedì quando - a suo dire - si faranno sentire gli effetti delle nuove regole.

«A maggio - spiega Bonamico - quando il settore è ripartito, a livello nazionale si sono applicate le seguenti regole: una persona ogni 10 metri quadrati e due metri di distanziamento; in Alto Adige l’accesso è stato condizionato al possesso del CoronaPass ma in cambio si sono potute aumentare le presenze: una persona ogni 5 metri quadrati e un metro di distanziamento.

Dal 22 giugno, anche in Alto Adige valgono le regole nazionali su presenze e distanziamento con in più però il GreenPass, ovvero vaccinazione, tampone o guarigione; ammessi anche i test nasali autosomministrati gratuiti che gli adulti facevano nella farmacia sotto casa e i ragazzi a scuola.

Dal primo luglio però i test nasali non sono più riconosciuti, questo significa che chi non ha il vaccino - in Alto Adige si parla del 50% della popolazione - deve fare il tampone antigenico che vale 48 ore e costa tra i 20 e i 40 euro. Già l’obbligo di test, ha comportato una perdita di circa il 20% della clientela.

Adesso, un’ulteriore mazzata, perché per chi non ha il vaccino, costerà di più fare i tamponi che l’iscrizione in palestra. Risultato: molti rinunceranno. E questo avviene in estate, il periodo più critico per il nostro settore: si calcola in media un calo fino al 50%. Noi come categoria chiediamo che in Alto Adige valgano le regole del resto d’Italia».

Anche Manuel Buratti, titolare della “Gravity Gym”, guarda con preoccupazione alle reazioni della clientela davanti all’obbligo di avere il vaccino o il tampone antigenico, per poter andare in palestra: «Proprio adesso che cominciavamo lentamente a lavorare, nonostante i timori di molti clienti, arrivano queste ulteriori limitazioni che riguardano solo l’Alto Adige.

Nel resto d’Italia il GreenPass non è richiesto. È assurdo che ci sia quest’accanimento sul nostro settore e poi si possa andare ad accalcarsi all’interno di un centro commerciale. Per fortuna che almeno dalla Provincia gli aiuti sono arrivati, mentre dallo Stato abbiamo ricevuto solo briciole».

Ivo Dalpasso, titolare della “Eden 2000”, soddisfatto di come è ripresa l’attività dopo otto mesi di chiusura, non vuol neppure pensare che ci sia una nuova battuta d’arresto: «In base all’ultima ordinanza di Kompatscher, il GreenPass è richiesto solo per l’ “attività che non è svolta in forma individuale”.

A quanto pare la nostra attività non rientra in questa fattispecie e quindi non è necessario il GreenPass. Almeno spero che sia così, perché altrimenti sarebbe un ennesimo colpo».

Proprio per evitare di dover chiedere il certificato verde, Tomas Perini, titolare della Green Energym, ha rinviato l’apertura della palestra di via Galvani a settembre e offre alla clientela la possibilità di allenarsi sotto una tensostruttura, aperta sui lati, allestita all’interno del Circolo sportivo della Cassa di risparmio di San Giacomo: «Data la situazione, mai scelta fu più azzeccata. Resta il fatto che il settore del fitness continua ad essere penalizzato rispetto ad altri; in Alto Adige poi, le regole sono incomprensibilmente molto più rigide che nel resto del Paese».













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