Ispettori del lavoro, il monito: «Niente mascherine fai da te» 

Solo dispositivi certificati. Le mascherine artigianali o di stoffa non sono ammesse. Si rischiano pesanti sanzioni Vanno bene soltanto i dispositivi certificati Ce o in alternativa approvati dall’Inail o dall’Istituto Superiore di Sanità


Davide Pasquali


BOLZANO. Terminato il lockdown, anche in Alto Adige gli ispettori del lavoro hanno ripreso l’attività di controllo nelle aziende, con priorità assoluta il contenimento del Coronavirus. Sulla scorta dei tre protocolli nazionali (generale, cantieri e trasporti) e della legge provinciale. Si è partiti dieci giorni fa, il 12 maggio. Come confermano i sindacati, nelle grandi aziende, serie, strutturate, la situazione è buona perché ci si è attrezzati. C’è stata un’assunzione di responsabilità. Qualche esempio fornito da Toni Serafini (Uil): Iveco, Roechling, Apparatebau. Ora ci si dovrà rivolgere alle imprese medie e piccole. Controlli a tappeto. Su vari aspetti, a partire dalle mascherine. Se nel privato e all’aperto vanno bene, sul posto di lavoro niente dispositivi autoprodotti o di stoffa. Occorrono mascherine certificate, chirurgiche, in certi casi Ffp2. Senza se e senza ma. Lo chiarisce il direttore dell’ispettorato provinciale del lavoro, Sieghart Flader. Altrimenti, sanzioni da 400 a 3.000 euro, con sconto del 30% se si paga entro 30 giorni, ma rincaro del 30% se si sgarra a bordo di un’automezzo e addirittura raddoppio della multa se si reitera la violazione. E c’è pure lo spauracchio della sospensione temporanea dell’attività, come già accaduto a una falegnameria in Gardena.

Intendiamoci, oltre alle mascherine gli ispettori del lavoro devono controllare molto altro. Basta scorrere la dettagliatissima, quasi sterminata check list cui ci si deve attenere, diramata dall’Ispettorato nazionale di Roma. In generale i datori di lavoro devono eseguire una valutazione dei rischi, informare i dipendenti, fornire disinfettanti e procedure, pulire/sanificare ambienti, mezzi e attrezzature, distanziare, promuovere lo smart working e tanto altro.

A Bolzano, a seguito di un accordo trovato con il supporto della prefettura, alle forze dell’ordine spettano i controlli in bar ristoranti e negozi, ossia dove c’è affluenza di pubblico. L’ispettorato del lavoro si occupa del resto: cantieri, fabbriche, officine, uffici, ditte. Il tutto, semplificando, per non pestarsi i piedi a vicenda. In questo periodo di Covid-19, chiarisce il direttore d’ufficio Flader, ci sono tre ordini di priorità: «In primo luogo il controllo degli ispettori verte sul rispetto delle norme anticontagio. Ovviamente, se in un cantiere si scopre un operaio a rischio caduta, scatta comunque un altro verbale. Per altri aspetti invece al momento si prende nota e si procederà più avanti». Come nel caso si rinvengano lavoratori in nero. Niente sanatorie, solo una dilazione: l’emergenza è il Covid.

Un lavoro delicato, quello degli ispettori, come e più del solito, anche solo perché nelle aziende entrano bardati come dei marziani. Una difficoltà in più. Molti aspetti inoltre non sono così semplici da catalogare, ed eventualmente si chiede al datore di lavoro di giustificare certe sue scelte. Insomma, le sanzioni non scattano automaticamente. Non si è fiscali e basta. Una cosa sono le disattenzioni, e allora si richiama all’ordine. Altro però è scoprire attività nelle quali sono inapplicate le più elementari misure volte al contenimento del virus.

Vista l'attuale polemica attorno alle protezioni di stoffa acquistate dalla Provincia e regalate alla popolazione, gli ispettori tecnici del lavoro prendono la palla al balzo e puntano il dito sulle mascherine fai-da-te. Sono ampiamente utilizzate sopratutto nei cantieri. In numerosi casi, per comodità si utilizza quasi esclusivamente questo tipo di protezioni individuali. Tante ditte le hanno ordinate con il loro logo aziendale, le associazioni di categoria inizialmente ne avevano suggerito l'utilizzo e avevano addirittura fornito indirizzi dove acquistarle. Ma non sono ammesse, nemmeno in Alto Adige. Tanti datori di lavoro però stentano a crederci e si rifiutano di far utilizzare mascherine certificate, forti anche del fatto che la Provincia stessa ha distribuito gratuitamente quelle di stoffa ora nell’occhio del ciclone.

Abbiamo chiesto un chiarimento al direttore Flader. «Negli ambienti di lavoro, siano cantieri o altre aziende, vige l’obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale certificati, quindi mascherine chirurgiche o Ffp2 se richiesto, come per esempio negli asili o nei servizi alla persona. Le mascherine autoprodotte senza certificazione sono destinate alla popolazione. Negli ambienti di lavoro sono tollerate solo se il datore di lavoro può dimostrare l’impossibilità di dotarsi di Dpi certificati perché introvabili sul mercato». Le protezioni devono essere certificate Ce, «o, in alternativa, approvate dall’Inail o dall’Istituto superiore di sanità». Se quelle col logo aziendale sono certificate, vanno bene, altrimenti no. E ovviamente, «se il datore di lavoro impone misure più restrittive o dispositivi di maggiore efficacia rispetto a quanto previsto dalle norme, non si può che apprezzare».













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