L'appello

"La fame non va in ferie", la campagna antipovertà della Caritas in Alto Adige

Bastano pochi euro per salvare migliaia di bambini in Africa contro siccità e pandemie. Un segnale anche dai campanili delle chiese con un richiamo più lungo del solito che risuonerà sabato 29 luglio 


Paolo Campostrini


BOLZANO. Quando tra qualche giorno le campane altoatesine risuoneranno più a lungo del solito sarebbe bene ricordarsi della citazione hemingwayana di John Donne. Dunque non chiediamoci perchè suona la campana, "essa suona anche per te". Formalmente lo faranno per la fame nel mondo, per una gran parte del pianeta che la siccità non la vive come noi, che ci lamentiamo di un grado in più nei condizionatori, ma lo fa guardando dieci milioni di bambini che non hanno da mangiare, visto che il grano secca ancor prima di essere raccolto per mancanza d'acqua. Tuttavia, attenzione, perchè il peggio potrebbe raggiungerci e cambiare le carte in tavola anche nel primo mondo. È dunque più empatica del solito la campagna Caritas "La fame non va in ferie".

Tocca sensibilità nuove e paure antiche, dopo tre anni in cui alla pandemia è succeduta la guerra in Ucraina ed ora anche i precipitati più visibili del riscaldamento del pianeta.

Ed è per sostenere questo sforzo che tutte le parrocchie del territorio, il 29 luglio, suoneranno molto a lungo le loro campane, come fosse un richiamo alla responsabilità collettiva.

Perchè la fame che soffre il Corno d'Africa, ad esempio, dovuta al combinato disposto dell'invasione russa ( la mancanza di generi alimentari drammatica) e della siccità, con intere filiere di coltivazioni bruciate dal sole e dal clima torrido, significa, a cascata, costi in crescita anche per l'Italia e l'Europa, sbarchi sempre più numerosi sulle nostre coste, immigrazione disordinata e disperata, pressione sociale in ascesa nella nostre città.

Chiede aiuto oggi, la Caritas, per non vedere i problemi del mondo raggiungerci in fretta: «Le ombre della guerra, l'aumento dei prezzi e la siccità, colpiscono soprattutto i più poveri - ha detto Franz Kripp, direttore Caritas - e dopo aver perso il salario per via del Covid intere popolazioni sono costrette a vivere alla giornata». Bastano 9 euro al mese per provare a cambiare le cose. Un piccolo sforzo per noi, una grande differenza per chi vede, con questo denaro, prendere vita progetti di nuove scuole, microcredito per donne che lavorano, pozzi e acqua per le culture disseccate.

Garantisce Caritas: «Tutte le donazioni vanno al 100 per cento nei progetti di sostegno», spiega Sandra D'Onofrio, responsabile del servizio mondialità. «Con 11 euro si garantisce un pasto ai bambini indigenti che frequentano la scuola - aggiunge Marion Rottensteiner, che accompagna i progetti africani - , con 25 intere famiglie di contadini ricevono le sementi per assicurare il cibo all'intero nucleo, 45 euro forniscono i generi alimentari per un mese ad una famiglia, mentre con 100 euro si possono posare venti metri di tubazioni per portare l'acqua potabile».

E la scuola è lo snodo. Dove esiste, dove ne vengono installate di nuove nasce la speranza. Un banco in un'aula non significa solo istruzione: le mamme vedono nella scuola il luogo dove ai loro bambini viene garantito almeno un pasto sostanzioso al giorno, a volte anche due. Non succede senza le scuole. E' questo il Congo, il Kenia, l'Eritrea e l'Etiopia dove opera la Caritas diocesana.

«Dobbiamo consentire a tanta umanità - ha detto a sua volta alla presentazione della nuova campagna il vicario generale Eugen Runggaldier - di essere e rimanere uomini. Con dignità». Dopo la scuola, le donne. Sono loro l'altro incrocio umanitario. Le donne garantiscono la tenuta sociale, curano i figli, gli anziani e, soprattutto, lavorano. Lo fanno ovunque. In casa, nei campi. E poi camminano per chilometri. Giovani in Congo si sono trovate a fuggire in successione, per tre anni di fila, dal pericolo delle bande armate che infestano il paese.

Per loro, Caritas, ha assemblato una struttura di sostegno fatta di microcrediti per tenere in piedi piccole aziende famigliari, mini appezzamenti di terreno, e strappare intere famiglie dal ricatto della violenza diffusa. E visto che le emergenze non finiranno qui, che le pandemie si rincorreranno, che le conseguenze della guerra ucraina non termineranno quest'inverno e che il clima è destinato a peggiorare i rapporti tra cibo, acqua e capacità di sostentamento dei territori, Caritas ha impostato i suoi progetti in prospettiva, fornendoli di strumenti e flessibilità in grado di attrezzare le persone per le crisi future.

Le piccole infrastrutturazioni delle aziende agricole, dei villaggi, fatte di pozzi, reti di tubazioni, scuole, immagazzinamento delle sementi, nuove istruzioni per impostare coltivazioni in grado di sopportare la siccità, sono il futuro garantito per milioni di persone che oggi, senza questi aiuti, non avrebbero scampo. «Si può fare la differenza con poco», hanno insistito ieri alla Caritas. Sul sito gli estremi per le donazioni: www.caritas.bz.it.













Altre notizie

Attualità