L'INTERVISTA

«La ostriche a 2mila metri? Ok, ma non chiamateli “rifugi”» 

E' polemica sulla trasformazione della ristorazione ad alta quota. Il presidente del Cai Alto Adige Zanella: «Branzini, capesante e cozze fatti  arrivare con l’elicottero. Ma cosa c’entrano con la nostra montagna?»


Paolo Campostrini


BOLZANO. «Ho saputo che in un rifugio hanno litigato…». E come mai? «Beh, sono arrivati in due e hanno chiesto del pesce. Anzi, una frittura. Il gestore gentilmente ha risposto che non si pescava lassù. Loro a dire che avevano sentito che invece sì e allora la discussione è degenerata». Ecco cosa può capitare a mostrare una montagna in cui si può tutto.

Carlo Alberto Zanella, a sua volta, non è un purista della salita nuda e cruda, da coperta da campo per dormire su assi di legno. «No, anzi - dice il responsabile del CAI altoatesino - è bene che si attirino anche i neofiti, un pubblico nuovo. Ma c’è un limite». L’altro giorno, a proposito di limiti, un rifugio ha postato il menu: cruditè con ostriche, branzino in carpaccio, padellata di cozze, filetto di rombo e fritto di paranza. Sembrava Cracco. No, peggio: perché Cracco ogni tanto butta lì qualcosa di territoriale, magari una cotoletta alla milanese a Milano. E invece la tendenza è portare in quota di tutto. E, di conseguenza, tutti se lo aspettano. È da qui che nasce l’asimmetria sia turistica che culturale.

Nei vostri rifugi invece?

Sono sei. E sono confortevoli. Questo è il punto.

Vale a dire?

Che comodità, nel senso di maggiori agi rispetto ai vecchi tempi, non significa stravolgere il senso di stare in un rifugio.

Un senso che si ritrova in cosa?

Nel fatto di arrivarci e chiedere di dormire e di mangiare. Direi soprattutto di dormire. Sono luoghi di accoglienza. In cui si sa che non si sarà mai respinti.

Mai, mai?

«Mai. Se non c’è posto si può dormire per terra. Insomma, la questione non è se in montagna si possa mangiare o no del pesce. Anzi, sono contento, anche se parzialmente, se questo capita.

Dunque qual è la questione?

Che non li chiamino rifugi! Vanno bene i ristoranti in fondovalle, anche in quota, lontano dei paesi.

Ma la conseguenza più brutta è che, fatta salva la libertà di impresa, la gente arriva e pretende. Chiede ovunque un menu che troverebbe a casa sua. Lo fa perché guarda sui social, vede le pubblicità, osserva chi posta una capasanta in quel tal rifugio.

Dunque?

“Non chiamatelo rifugio. Semplice no?.

Ma molti in valle rispondono: è l’economia bellezza.

Adiamoci piano. Innanzitutto perchè l’economia si fa col marketing e se qui non trovi più i piatti della tradizione e invece quelli che puoi trovare a Jesolo, vince Jesolo. E poi c’è un altro problema forse più importante.

Ancora di più?

In Alto Adige e anche in Trentino temo si sia giunti ad un punto di saturazione. In alcuni mesi sollecitare l’arrivo di più turisti può essere un boomerang. Nel senso che uno arriva in montagna contando di trovare quello che vede nelle pagine pubblicitarie, poi, invece dei prati solitari e dei sentieri liberi trova le file davanti ai rifugi diventati ristoranti che neanche a Roma. E allora si rischia di perderli, quei turisti in cerca di tranquillità.

Ma, dicono, alcuni cercano proprio questo anche in montagna. Cioè lo stesso luna park che trovano in riviera.

È possibile. Questa idea di coniugare pasti gourmet e sommelier con la montagna è iniziata in val Badia. All’inizio contando sulla sua realtà di un pubblico selezionato a causa dei prezzi. Poi la questione si è estesa. E adesso è arrivata a toccare anche l’ultima trincea, quella dei rifugi.

Cosa chiedete?

Chiarezza. E poi una condizione assicurata: nei rifugi si può dormire. Se non è possibile non è più un rifugio, è una mensa. Anche se gourmet.

Ma come arrivano tutti quei prodotti?

Spesso con l’elicottero.

Non un mezzo molto sostenibile, anche vista l’immagine che si vuol dare del territorio…

No, assolutamente. Ma non sempre si può trasportare in auto.

Dicono anche che l’acqua stia scarseggiando.

È così. A volte, anzi, sempre più spesso, la portano in questi locali sempre con l’elicottero.

Accade ancora oggi?

Probabilmente meno. Ma poco. Come rifornimenti il peggio è stato l’anno scorso. In sostanza non è bello neanche per la montagna avere questo profluvio di offerte anche culinarie fuori contesto. Si tratta di una pressione molto forte. Sui gestori, sui trasporti, sull’intero ambiente. Capisco il guadagno ma se si va oltre, come incentivazione del turismo e come compiacimento rispetto a chi vuole una montagna -luna park presa d’assalto, non ci saranno più strade neanche per arrivare a fondovalle. E allora sai che guadagno….

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