La tragedia di Adan, errore diagnostico 

Concluso l’incidente probatorio durato un anno e mezzo. Il bambino morì per una «embolia massiva grassosa» I periti concordi nel ritenere che all’ospedale di Bolzano in un primo tempo non si riuscì a capire la situazione a rischio


Mario Bertoldi


Bolzano. La tragedia del piccolo Adan Hussein, l’adolescente iracheno morto all’ospedale di Bolzano il 7 ottobre di due anni fa dopo alcuni giorni trascorsi senza un’adeguata accoglienza in qualità di migrante e richiedente asilo, è legata ad un errore di alcuni medici in fase di diagnosi. La super perizia, che ha coinvolto diversi esperti ed alcuni professori universitari, ha portato ad un risultato certo: nessuno dei sanitari di Bolzano che si occuparono del caso furono in grado di capire cosa stesse accadendo, nonostante fossero stati informati che il paziente fosse affetto da sindrome di Duschenne che già dai primi anni di vita indebolisce notevolmente la massa corporea muscolare favorendo l’accumulo di grasso in tutto il corpo del malato. In sostanza la situazione clinica, secondo quanto emerso dall’incidente probatorio, sarebbe stata sottovalutata al punto che il paziente nell’arco di poche ore entrò in coma irreversibile. L’inchiesta penale deve appurare se, in presenza di una diagnosi tempestiva corretta, il ragazzino iracheno avrebbe potuto essere salvato. Su questo punto il giudice non ha ottenuto una indicazione certa così come non è stato possibile stabilire - sulla base della letteratura scientifica - se la percentuale di mortalità per «embolia massiva grassosa» aumenta in pazienti (come Adan) affetti da sindrome di Duschenne. Nel corso dell’incidente probatorio (che ieri si è concluso) è stato comunque sottolineato che in tempi rapidi Adan avrebbe potuto essere curato efficacemente con una terapia di supporto anche aggressiva in grado di contrastare gli effetti della crisi provocata dalla frattura di due femori , con fuoriuscita di sostanza grassa. La prima tac effettuata in ospedale a Bolzano, in occasione del ricovero, avrebbe evidenziato un quadro polmonare compromesso ma nessuno dei sanitari in quella occasione riuscì a capire cosa stesse accadendo. Più tardi, quando il quadro fu chiaro, non vi sarebbe stato più nulla da fare. Dunque i consulenti del giudice Emilio Schönsberg hanno rilevato un errore diagnostico da parte di alcuni medici dell’ospedale di Bolzano. Sul nesso causale (cioè se l’evento morte possa essere collegato all’errore diagnostico) non è arrivata una indicazione definitiva. I periti hanno però diviso le possibili responsabilità colpose. Sono coinvolti tre gruppi di medici. Sotto il profilo penale quelli che rischiano di più sono i primi medici che si occuparono del caso dopo l’esito della tac. Secondo i periti avrebbero potuto intervenire subito con un’adeguata terapia di supporto, aumentando al paziende le chanche di sopravvivenza. Ora sarà però la Procura a dover tirare le somme.

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