LA STORIA

La vittima di piazza Vittoria, fuggita dall'India stava per avere l'asilo politico

Una fine atroce quella che il destino ha riservato ad Enalatha Basawapura, di 40 anni, che aveva raggiunto Bolzano dall'India, assieme ai propri due figli, in cerca di un futuro più rassicurante di quello che il suo Paese potesse offrirle

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BOLZANO. Una tragedia nella tragedia. Non si può definire altrimenti l’orribile incidente di ieri (2 ottobre) in piazza Vittoria, perché la quarantenne di origine indiana Enalatha Basawapura ha perso la vita proprio quando stava cominciando a riconquistare un’esistenza dignitosa, una vita degna di tale nome, per sé e ancora di più per i propri figli, una ragazza di 17 e un ragazzo di 19 anni.

Soltanto sei giorni fa la famiglia era stata convocata a Verona: audizione per la concessione dello status di rifugiata. Aveva appena trovato lavoro, i figli avevano appena cominciato la scuola. E ora, dopo anni di sradicamento e sofferenze, tutto è finito ancor prima di (ri)cominciare. L’intero mondo degli enti e delle associazioni bolzanine che si occupano di gestire e aiutare i rifugiati ha appreso la notizia nel medesimo momento, ieri sera, qualche decina di minuti dopo l’incidente. Si trovavano in municipio, per un incontro fra Comune, Caritas, Volontarius e i responsabili nazionali dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Chiara Rabini, referente comunale per i profughi, spiega: «Appena iniziata la riunione è calato il gelo, Davide Monti ci ha dato la notizia dell’investimento, un fatto terribile, siamo rimasti scioccati, ci ha invaso una grande tristezza. Una vita spezzata proprio nel momento del riavvio...»

Sono anche le parole di Davide Monti: «Siamo tutti tristissimi». È stato proprio il personale della Onlus Volontarius, infatti, ad assistere Enalatha Basawapura e i figli, ad accompagnarli nel lungo e faticoso percorso di riavvio della loro vita. «Un percorso articolato», tiene a precisare Monti. La famiglia, di origine indiana, «era giunta a Bolzano circa un paio di anni fa», racconta. Era stata inizialmente accolta a Casa Conte Forni in via Renon. «In seguito era stata trasferita in un centro di accoglienza a Funes». Poi, però, c’era stata la tripla svolta. «Entrambi i figli a settembre dovevano cominciare la scuola, e lei aveva trovato lavoro. Il tutto fra Bolzano e Merano. Per questo motivo, la famiglia aveva chiesto l’avvicinamento e da Funes, circa un mese e mezzo fa, era stata trasferita al centro di accoglienza di maso Zeiler, in vicolo Lageder, a Gries». Una struttura che ospita una quarantina di richiedenti protezione internazionale, non persone singole «bensì nuclei familiari». Come nel caso di Enalatha Basawapura. A lasciare sgomenti - oltre alla tragicità dell’incidente in sé, reso ancora più drammatico dalla presenza sulla strada della figlia della travolta che ha assistito alla morte della madre - è il cinico tempismo del destino. 













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