La vittoria del divorzio In Alto Adige per un soffio

Nel referendum del 1974 , il «No» all’abrogazione della legge si impose col 50,3% Solo a Bolzano (con il 72%) e in altri 14 Comuni la vittoria fu schiacciante



BOLZANO. Primavera 1974, esattamente la domenica 12 maggio: una tappa storica per l'Italia considerato che dopo una battaglia decennale i cittadini sono chiamati al voto per il referendum pro o contro la legge Baslini-Fortuna, ovvero quella che ha introdotto anche nel nostro Paese la possibilità del divorzio. Come noto il risultato nazionale fu schiacciante: in 13.188.184, pari al 40,9% dei cittadini si sono espressi a favore dell'abrogazione della legge fortemente voluta dalle forze politiche laiche e progressiste – dai liberali di Baslini ai socialisti di Fortuna e ovviamente ai comunisti – e in 19.093.929 (ovvero il 59,1%) degli italiani hanno votato per mantenere in vigore la tanto attesa norma strenuamente criticata dalla Chiesa e dai partiti conservatori, in primis la Dc. In Trentino Alto Adige la fotografia del voto, come sempre è emerso anche in occasione delle altre consultazioni elettorali, ha fatto emergere ancora più forte il divario fra aree rurali e aree urbane: complessivamente in regione hanno prevalso - seppur per poche migliaia di voti (poco più di cinquemila) - i contrari alla legge, ovvero coloro che avrebbero desiderato cancellare subito quella norma che stava per allineare il nostro Paese al resto d'Europa: 247.779 i «Sì» all'abrogazione (il 50,61%) e 241.841 i No pari al 49,39%. Tuttavia fra le due province risultati contrapposti con quella di Bolzano dove il «No» alla fine prevale con il 50,38% dei divorzisti contro il 49, 62% degli antidivorzisti; l'opposto invece in Trentino dove i Sì all'abrogazione alla fine prevalgono con il 51,5% dei voti contro il 48,5% dei No.

Emerge invece anche in termini prepotenti, come detto, il ben diverso orientamento delle aree urbane dove il risultato va anche ben al di là di quello nazionale se solo si pensa che a Bolzano i «Sì» non sono andati oltre i 18.109, overo il 27,48%, mentre i «No» alla cancellazione della legge sono stati ben 37.699, pari al 72,48%. Soltanto meno clamoroso il divario del risultato offerto dagli elettori di Trento capoluogo: solo 24.184 i «Sì» (40,84%) mentre i «No» volano a quota 34.139, ovvero il 57,64%.

E così martedì 14 maggio, a scrutinio ultimato, l'Alto Adige in cronaca di Bolzano non ha dubbi nel titolare: “Chiarissime le indicazioni che sono emerse dalla consultazione per il referendum: Oltre il 72 per cento di NO in città; In tutta la provincia i Comuni divorzisti sono stati quindici”. E nel pezzo poi li si elenca: Bolzano, Brennero, Bronzolo, Cortina all'Adige, Fortezza, Egna, Laives, Marlengo, Merano, Ora, Ponte Gardena, Postal, Salorno e Vipiteno.

«Una giornata comunque straordinaria quella di ieri – scrive allora l'articolista – che se ha segnato una tappa significativa nella storia nazionale è altrettanto importante per la provincia di Bolzano. Crediamo che nessun risultato di elezione sia tanto interessante da studiare nelle sue componenti e nei suoi effetti come questo. In provincia di Bolzano i presupposti erano diversi che in tutto il resto d'Italia perché, ricordiamolo, c'erano due elementi a “starare” la contesa sul divorzio: Il primo e il più importante era costituito dalle “neutralità” che aveva preso negli ultimi giorni anche una tinta sprezzante della Südtiroler Volkspartei, l'unico partito che non si sia direttamente impegnato nella campagna. Il secondo elemento era costituito dall'atteggiamento tollerante assunto dalla Curia e da buona parte del clero».

Aree urbane dunque molto più laiche ed aperte considerato che non solo Bolzano ha registrato la vittoria dei «No»; anche a Merano sono stati 14.078 i «No» e solo 6.435 i «Sì tanto che il giornale titola a tutta pagina «Schiacciante maggioranza per il No»; a Bressanone si è sfiorata la parità con 4.637 Sì e 4.629 No; a Laives si registra l'onda lunga di Bolzano con 3.914 No e solo 2.149 Sì; a Egna a fronte di 800 favorevoli a cancellare la norma ben 1.221 sono stati i contrari; anche a Vipiteno il No vince con 1.367 voti contro i 1.238 Sì. E quanta acqua è passata sotto i ponti da quel lontano 1974: oggi non solo la Chiesa di papa Francesco è molto più aperta anche su questo tema ma, come è recentemente avvenuto nel Sinodo diocesano altoatesino, anticipa addirittura le scelte di Roma. Una Chiesa sudtirolese dunque «aperta ad altre forme di convivenza», oltre al matrimonio sacramentale, e che «rispetta quelle persone e famiglie che falliscono nelle loro relazioni e le accompagna nella prassi ecclesiale senza restrizioni». A pochi mesi dall'apertura del Sinodo sulla famiglia in Vaticano, la Chiesa di Bolzano “gioca” così d'anticipo e pubblica un «documento programmatico» dal titolo «Come possiamo vivere oggi da cristiani il matrimonio e la famiglia nelle sue varie forme?». Si tratta dei risultati dei lavori del Sinodo diocesano che si sono tenuti qualche settimana fa. E la via altoatesina ai problemi aperti sulla famiglia e sul matrimonio è chiara: «Non dobbiamo rimanere sordi di fronte al grido del popolo» che «richiede una risposta coraggiosa e precisa verso la via del rinnovamento». Quarant'anni fa lo scontro soprattutto a livello nazionale ha conosciuto ben altri toni; in Alto Adige per fortuna un vescovo illuminato come Josef Gargitter ha consentito un confronto più sereno e costruttivo e forse non è un caso se oggi la “sua” chiesa è così aperta alle novità quotidiane della società globale.













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