Le aziende

Negozi, hotel e ristoranti: in Alto Adige è caccia al personale 

La pandemia aggrava il problema: numerosi collaboratori hanno cambiato lavoro. Thomas Rizzolli (Unione commercio): «Chi si è trovato in cassa integrazione ha colto ogni occasione»



BOLZANO. In una provincia ad occupazione (quasi) piena, la carenza di personale per il commercio, il turismo e la ristorazione, ma non solo, sono un dato strutturale. La pandemia non ha fatto che aggravare le difficoltà. «E i problemi sarebbero ancora più pesanti, se molte imprese non stessero lavorando a ranghi ridotti. L’evoluzione della pandemia è troppo incerta, la tendenza nel settore è di muoversi con prudenza», riferisce Thomas Rizzolli (co-fiduciario dell’Unione commercio a Bolzano).

Lavoratori stranieri partiti dall’Alto Adige e non rientrati, collaboratori che nel lockdown hanno cambiato lavoro: queste le difficoltà con cui si sono confrontati numerosi imprenditori al momento delle riaperture e dell’avvio della stagione turistica. «Vogliamo aggiungere che gli stipendi troppo bassi non aiutano?», sottolinea Antonella Costanzo (Filcams-Cgil).

Manfred Pinzger (presidente Hgv) confessa di avere temuto il peggio. Il quadro, all’inizio di agosto, è migliorato. «Alla riapertura molti associati erano veramente in difficoltà con il personale per alberghi e ristorazione. Ora non siamo messi malissimo. Rispetto alle richieste, siamo quasi a ranghi completi», riferisce Pinzger, «Nel nostro settore si trovano occupate ora circa 35 mila persone. Confermo che gli imprenditori sono partiti con organici ridimensionati. Si vive ancora alla giornata, monitorando la pandemia e le prenotazioni». E come va la stagione? «Fino ad ora bene, e anche le prenotazioni di agosto e settembre sono incoraggianti. Dal 6 agosto il green pass per mangiare all’interno ci complicherà il lavoro, questo è evidente», risponde Pinzger.

La carenza di personale in Alto Adige viene confermata da Antonella Costanzo (Cgil): «Un problema che riguarda le piccole aziende, come le grandi. Il commercio sconta in particolare il problema delle retribuzioni insufficienti. Un tempo pieno di quarto livello guadagna 1200-1300 euro al mese. Non ci paghi il mutuo, nemmeno l’affitto. Si aggiunge la rigidità nel concedere part time o flessibilità oraria. Ma oggi questo per molti lavoratori vale quasi quanto lo stipendio».

«La pandemia ha aggravato un problema che conosciamo da una decina di anni. Ci serve personale bilingue, una complicazione in più», interviene Thomas Rizzolli, «La ricerca di personale riguarda il commercio e soprattutto ristorazione ed hotel. Abbiamo assistito in questi mesi a numerosi cambi radicali di professione. Chi si è trovato in cassa integrazione, ha colto al volo ogni buona occasione nei settori che continuavano a operare. Conosco cuochi che sono diventati macellai o sono andati a lavorare nell’azienda sanitaria, commessi che hanno trovato lavori da cui non torneranno indietro». Uno stipendio simile, con orari meno pesanti, ed è fatta. I sindacati chiedono di migliorare il contratto. Questa la replica di Rizzolli: «La paga base viene utilizzata nelle grandi catene. Nei negozi a conduzione familiare è raro trovare commessi pagati solo 1200 euro. Lo trovo poco etico, oltre che controproducente. Servono collaboratori motivati e preparati».

L’altro fiduciario dell’Unione commercio Simone Buratti avverte: «Siamo in una fase di cambio generazionale. Sarà sempre più difficile trovare collaboratori. E no, non lo so, che lavori faranno i giovani». FR.G.













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