il femminicidio

«Non è stato un raptus ma una morte annunciata»

Clignon, presidente Gea: «Appello alle donne: non sottovalutate i rischi» Oberhammer, presidente Pari opportunità: «Non è possibile che nessuno sapesse»

LA VIOLENZA: Mecja ammette: «L’ho colpita con un martello»
L'ALLARME: Kompatscher: «Anche in Alto Adige situazione drammatica»
I PRECEDENTI: Lei lo aveva già denunciato, poi il riavvicinamento



BOLZANO. «Non è stato un raptus; non è stata una cosa improvvisa: questa è una morte annunciata. E le foto della coppia felice e innamorata forniscono un’immagine distorta della realtà». Non ha dubbi Christine Clignon, presidente dell’associazione Gea, in prima linea in difesa delle donne: anche se non conosceva la vittima dell’omicidio di viale Trieste, conosce bene le dinamiche che portano uomini - a parole innamoratissimi - a rendere un inferno la vita delle compagne. Alexandra Elena Mocanu, che già aveva denunciato per maltrattamenti il compagno, ha pagato con la vita l’errore di aver creduto che “non sarebbe più successo”.

«Vorrei fare appello alle donne che si sentono in pericolo, a non sottovalutare i rischi. Mai illudersi che “a me non succederà”. C’è l’ 1522, il numero antiviolenza e stalking da chiamare; ci sono i numeri verdi a livello provinciale: a Bolzano è l’800276433 attivo 24 ore su 24 o 800892828. Abbiamo i centri di consulenza di Gea, dove si trova personale specializzato pronto ad ascoltare, valutare la situazione e consigliare. Abbiamo anche le strutture dove accogliere le donne vittime di violenza e i figli».

La presidente di Gea parla alle donne, ma richiama anche alla responsabilità collettiva. «Non è possibile che, prima della tragedia di viale Trieste, nessuno si sia accorto di nulla; nessuno abbia sentito la coppia che litigava - a quanto pare - troppo spesso». I vicini della coppia, che abitavano in un alloggio al quinto piano del grande complesso al civico 42 di viale Trieste, hanno raccontato di litigi molto violenti, pressoché quotidiani. Ma nessuno ha osato chiedere se ci fosse qualcosa che non andava. Perché ormai nei condomini, anche i vicini di pianerottolo, sono spesso estranei; e perché non si vuole apparire come invadenti. «Posso capire che ci possa essere una certa ritrosia, però posizioni neutre rispetto a certe situazioni, non sono ammesse. Bisogna intervenire, chiamando le forze dell’ordine o i Centri antiviolenza. Le donne non possono essere lasciate sole». Anche Ulrike Oberhammer, presidente della Commissione pari opportunità, chiama in causa la responsabilità collettiva: «Non credo che nessuno sapesse di quello che stava vivendo la vittima dell’ennesimo femminicidio. Dobbiamo fare di più per sensibilizzare su certe tematiche e per far conoscere i numeri a cui rivolgersi per chiedere aiuto. Gli strumenti per proteggere le donne ci sono: in ospedale il protocollo “Erika”, per dare precedenza alle vittime di violenza; a livello legislativo è stato introdotto il Codice rosso, per accelerare i tempi di verifica delle denunce. Bisogna fare di più a livello di prevenzione, andando nelle scuole a parlare con i ragazzi».













Altre notizie

Assemblea

Amministrazione di sostegno: in Alto Adige 3.600 «fragili»

La direttrice Rigamonti: «Servono ulteriori finanziamenti provinciali per sostenere le associazioni e chi si rende disponibile ad aiutare gli altri». Il Tribunale di Bolzano conta più di 500 nuovi procedimenti l’anno 


Valeria Frangipane

Attualità