Il processo

Omicidio di Versciaco, l’alibi della malattia del sonno 

Il pizzaiolo pachistano in carcere dice di non ricordare nulla: la moglie (incinta) fu massacrata di botte e strangolata. Il perito gela la difesa: non c’è certezza di un nesso tra il disturbo rilevato ed il crimine. La Procura chiede il rinvio a giudizio in corte d’assise


Mario Bertoldi


BOLZANO. L’ultima parola spetterà ovviamente al giudice dell’udienza preliminare Andrea Pappalardo. Al momento però pare che non ci siano i presupposti per considerare Mustafa Zeeshan (cittadino pachistano di 39 anni in carcere con l’accusa di aver assassinato a Versciaco la moglie in gravidanza) non pienamente in grado di intendere e di volere al momento del crimine. In altre parole agli atti del procedimento non ci sono elementi per considerare l’imputato affetto da patologie psichiche invalidanti sotto il profilo della capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

Una considerazione che ha indotto la Procura della Repubblica a chiedere il rinvio a giudizio del pizzaiolo pachistano davanti alla corte d’assise con una imputazione da ergastolo. Non sarà facile per gli avvocati difensori Federico Fava e Amanda Cheneri smontare il teorema accusatorio.

L’imputato è infatti accusato di aver massacrato di botte e ucciso per soffocamento la moglie Fatima che gli stava dormendo accanto e che era in stato di gravidanza (trentesima settimana). L’indagine ha permesso di accertare che la donna non poteva avere amiche e poteva avere contatti solo con il marito. Una vita trasformata in un inferno dopo un matrimonio a quanto pare combinato a livello familiare in Pakistan.

Sulla responsabilità dell’imputato ci sono pochi dubbi, dato che era l’unica persona in casa al momento dei fatti avvenuti in piena notte. La difesa ha però sempre cercato forza processuale sottolineando che non è mai emerso un possibile movente. Non solo. Una perizia psichiatrica (affidata al dottor Eraldo Mancioppi) ha evidenziato che il pachistano soffre di un grave disturbo comportamentale del sonno Rem. Ad accertarlo, sotto il profilo clinico, sono stati alcuni esami realizzati in un centro specializzato di Bologna la notte del 15 febbraio scorso.

In sostanza gli avvocati difensori sono pronti a sostenere che Mustafa Zeeshan potrebbe aver massacrato di botte la moglie non rendendosi conto di quanto stesse accadendo. Sono conclusioni di carattere clinico che però la Procura contesta in toto proprio sulla base delle conclusioni della perizia stessa. Il dottor Mancioppi, infatti, (che si è avvalso della collaborazione stretta del professor Giuseppe Piazzi dell’Istituto delle scienze neurologiche di Bologna) ha infatti puntualizzato di non essere in grado di stabilire con sufficiente certezza che l’omicidio sia da addebitare a questo tipo di patologia.

Sotto il profilo forense, dunque, la conseguenza è che non è stata rilevata alcuna patologia conclamata di carattere psichico in grado di mettere in discussione scientificamente le capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto. Tra il resto c’è un particolare che rafforza queste considerazioni finali e cioè che il disturbo comportamentale del sonno Rem rilevato in perizia si evidenzia solo in un movimento anomalo delle gambe che non sembra collegabile alle modalità di esecuzione dell’omicidio della donna (che fu pestata a sangue e strangolata).

A seguito della necessità della presenza di un interprete, l’udienza di ieri è stata aggiornata al 23 agosto. Ieri il giudice ha anche respinto un’eccezione di presunta incostituzionalità sollevata dalla difesa sull’impossibilità di ottenere il rito abbreviato in presenza di imputazioni da ergastolo. La Corte costituzionale - ha rilevato il giudice Pappalardo - ha già ribadito la piena legittimità della norma.













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