Ospedale, mancano anestesisti I primari: emergenza quotidiana
Sanità. Perkmann (Anpo): «Abbiamo scritto all’Asl. Oberati di lavoro anche per i tanti turisti e ci mancano gli specialisti I colleghi degli ospedali periferici potrebbero venire a darci una mano in determinati giorni. È ora di aprire all’intramoenia»
Bolzano. In ospedale mancano anestesisti e l’emergenza - di per sè straordinaria - si è fatta quotidiana, ordinaria.
La carenza cronica di specialisti già sollevata a dicembre 2018 dai chirurghi del Maurizio è peggiorata.
Reinhold Perkmann - primario di Chirurgia toracica, presidente del sindacato primari Anpo - parla di una situazione difficile aggravata dalla presenza di molti turisti in vacanza che fanno sport (parapendio, moto, mtb ecc.), si fanno male, e finiscono in ospedale a Bolzano.
Resta da capire come mai la situazione sia peggiorata.
«L’Asl si è data da fare per ampliare l’organico che era fermo al 2011 ma se sono arrivati nuovi specialisti, altri se ne sono andati al 112, a Trento ecc. Così dico che se le soluzioni tradizionali non portano benefici concreti a questo punto bisogna percorrere altre vie».
Il Trentino sta vivendo la stessa problematica. Tanto grave da rischiare di non coprire il notturno dell’ospedale di Arco.
«Il turno dell’anestesista - fa sapere Paolo Bordon, direttore generale dell’azienda sanitaria - sarà coperto dai colleghi di Rovereto disponibili a dare una mano: siamo una rete, ci si copre a vicenda». Comunque sia la coperta resta corta. In regione così come nel resto d’Italia e d’Europa.
La responsabilità, non lo si dimentichi mai, ha più volte detto il sindacato nazionale Aaroi, sta in anni di blocco del turn over e nell’assenza totale di programmazione dei fabbisogni reali di specialisti – e quindi di specializzandi – in Anestesia e Rianimazione, che oggi rende difficile se non impossibile colmarne la carenza in tempi brevi, anche a fronte di concorsi che in alcuni casi vanno deserti. «La coperta è cortissima anche a Bolzano - riprende Perkmann - ed abbiamo appena scritto al direttore dell’Asl, Florian Zerzer. L’ho fatto insieme ad Andreas Schwarz, primario di Neurochirurgia. L’Azienda ha messo in piedi un gruppo di lavoro multidisciplinare per trovare soluzioni e noi chirurghi stiamo avanzando alcune proposte concrete per uscirne. Ricordando bene che, accanto all’anestesista, sta tutto il funzionamento di una sala operatoria e di una serie di figure professionali specialistiche di cui non si può fare a meno».
Tra le proposte avanzate Perkmann dice che si potrebbero coinvolgere gli anestesisti degli ospedali periferici: «Potrebbero venirci a dare una mano in determinati giorni». Altra cosa, gli interventi non urgenti. «Ecco la chirurgia elettiva, ad esempio la sostituzione dell’articolazione del ginocchio oppure le ricostruzioni vascolari, alcune ernie ecc. ... possono essere ritardate fino a ottimizzarne la preparazione e quindi offrire il miglior risultato durante e dopo la procedura chirurgica e potrebbero essere tranquillamente fatte in intramoenia. Abbiamo parlato più e più volte di aprire anche la chirurgia alla libera professione tra le mura dell’ospedale ma non abbiamo ancora concretizzato nulla. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di far muovere il chirurgo in strutture private in base ad un preciso “pacchetto operatorio”. Badate bene a non travisare... dico che bisogna puntare al massimo sul pubblico ma se il pubblico non ce la fa allora bisogna avere il coraggio di riorganizzare il lavoro anche percorrendo altre strade». Perkmann fa l’esempio del Comprensorio Merano. «Hanno acquistato prestazioni per gestire e far funzionare una sala operatoria con tutto il personale dedicato dagli strumentisti agli infermieri di sala, credo con buoni risultati».
Ricordiamo che - per uscirne - a dicembre 2018 l’Azienda aveva anche pensato di spostare altrove determinate operazioni ortopediche (per esempio alla mano ed al piede ecc.), interventi urologici e ancora ernie, cisti, varici, cataratte oltre alla rimozione dei mezzi di sintesi (“i chiodi”) ecc. In Trentino questa è già la prassi, la cosiddetta piccola Chirurgia - avevano detto i medici - è già stata decentrata e si divide tra Tione, Arco e Rovereto. Altre misure prevederebbero la stipula di convenzioni - potremmo chiedere aiuto per esempio al Feltrino avevano ipotizzato all’Asl - e la rapida nomina di un responsabile per ottimizzare la gestione delle sale operatorie. Le ipotesi di soluzione sono parecchie, occorre trovare la strada giusta.