BOLZANO

Parco Semirurali, rubati anche reperti medievali 

Il Comune di Bolzano ordina un sopralluogo dopo la denuncia dell’Alto Adige. Asportati mattoni e pietre. Gli assessori Gennaccaro e Rabini: «Situazione grave, tutela da migliorare»



BOLZANO. In soccorso di Santa Maria in Augia. Che è poi forse l’unico sito archeologico “democraticamente” frequentabile dell’intera cerchia urbana.

« Vogliamo capire da dove e come è arrivato il degrado» annuncia Chiara Rabini. Tanto che l’assessora alla cultura ha chiamato i suoi uffici e disposto un sopralluogo nel parco delle Semirurali. Troppo evidenti le testimonianze di un cattivo uso del luogo, tra residui di feste alcoliche e deiezioni fuori controllo. Ma il fronte della cattiva educazione è uno. L’altro riguarda anche il furto di reperti. Antiche pietre, vecchi mattoni e tracce di intonaco asportati.

«Ma la questione va oltre il caso di Santa Maria in Augia - dice a sua volta Angelo Gennaccaro - e tocca quasi trasversalmente la situazione di tutti i parchi urbani. L’uso improprio degli spazi pubblici è una costante. Partendo dalle Semirurali per arrivare al giardino dei Cappuccini».

Non cita quest’ultimo parco a caso l’assessore anche allo “sviluppo di comunità” e dunque con una particolare attenzione alle periferie. Perché se gli assalti della microcriminalità ai reperti sopravvissuti della chiesetta medievale nel quartieri sono oggetto delle cronache e delle denunce di questi giorni, resta ad esempio molto grave,restando sul piano dei siti di fede, la situazione della piccola cappella affrescata nel parco dei Cappuccini.

Quel dipinto a muro è ridotto della metà. Il resto è quasi scomparso per le offensive del tempo e degli elementi ma soprattutto per le continue offese dei frequentatori di quell’area verde. Anche li, sfregi e danneggiamenti consapevoli.

«La questione riguarda sì la cattiva educazione - commenta ancora Gennaccaro - ma tocca anche l’urgenza di insistere sulle politiche legate alla cultura e al tempo libero».

Insomma occupazione civile degli spazi, attivazione di iniziative pubbliche sono spesso le uniche armi a disposizione per frenare il degrado dei beni non protetti. «Vediamo ora di stabilire con precisione lo stato del sito della chiesa di Santa Maria - spiega l’assessora Rabini - con il supporto degli archeologi e dei nostri funzionari ma è molto complicato prevedere una sorveglianza specifica ....».

Anche perché un custode per ogni pietra non sarebbe possibile. Visto che non si tratta di Pompei. Ma l’idea iniziale di arricchire i contenuti di un parco che intende valorizzare la condivisione e la vita sociale anche nelle periferie resterebbe per il Comune valida. Anche assumendosi il rischio di una mancanza di tutela nel concreto.

«L’ultima possibilità sarebbe la chiusura del sito - azzarda Gennaccaro - ad esempio con alte vetrate che non impediscano la vista dei reperti ma ne consentano la protezione. Ma poi dovremmo attenderci ulteriori rischi di danneggiamenti».

Insomma si proverà ad attuare una maggiore manutenzione senza blindare il sito. Mantenendolo così come elemento di arricchimento di un parco comunque destinato ad una serie di eventi.

Ricordiamo che si tratta di una chiesa risalente all’XI secolo, su un terreno donato al vescovo di Trento che decise di affidare la prima Pieve agli agostiniani. Quel luogo di culto si chiama Santa Maria in Augia perché fa riferimento ad un antico toponimo, Howe, riportato nelle testimonianze dell’epoca che fanno cenno a “in loco qui dicitur Howe”, nome che sta per “Au”, due lettere che descrivono un campo paludoso o acquitrinoso, sottoposto alle frequenti fuoriuscite del fiume. Da qui Augia.













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