«Riconobbi il mostro e mi minacciarono come un traditore»

Il meranese Charlie Daprà indicò alle forze dell’ordine come Ferdinand Gamper fosse l’uomo dell’identikit


di Ezio Danieli


MERANO. Ferdinand Gamper, il killer di Merano, esattamente 20 anni fa - era l'8 febbraio 1986 - sulla passeggiata lungo il Passirio uccideva per la prima volta: due persone che vennero trucidate con un colpo di pistola. Poi gli altri omicidi. L'identikit, in possesso di carabinieri e polizia, venne mostrato a tutti. Compresi i parrucchieri della città che potevano aver tagliato i capelli o fatto la barba proprio a Gamper. Fra questi c'era anche Charlie Daprà che aveva il negozio in via Cavour.

«Ricordo perfettamente di aver riconosciuto subito l'uomo che tutti cercavano - dice Charlie che nel frattempo ha trasferito la sua bottega in piazza Fontana - ma avevo qualche dubbio. Feci il nome di quattro persone. Una era proprio Ferdinand Gamper».

Come aveva conosciuto Gamper?

«Quell'uomo lo conoscevo bene. Era un mio grande amico, con lui ogni domenica andavamo a sciare. E poi ero stato in classe assieme a lui, alle medie di via Cavour. Solo un paio di settimane dopo ho avuto la conferma dei miei sospetti. Era proprio lui il killer di Merano».

È vero che dal momento della morte di Ferdinand Gamper sono iniziati i guai per lei?

«Sì, ho ricevuto, assieme a mia moglie, minacce di morte da parte di esponenti degli Schützen e dell'Heimatbund che mi accusano di essere stato un traditore. Non avevo colpe per avere segnalato una persona che stava ammazzando gente di Merano che aveva solo la colpa di essere di madrelingua italiana. Fatto sta che, a seguito delle minacce ricevute, ottenni la scorta che mi seguiva in ogni momento. Non è stato un periodo facile per me».

Lei conosceva da sempre Ferdinand Gamper: non aveva mai manifestato quell'odio antiitaliano che è stato la base dei sei omicidi commessi?

«Una sola volta, quando è venuto a tagliarsi i capelli in negozio. Aveva visto una foto che mi ritraeva con Giulio Andreotti (uno dei tanti personaggi famosi che si sono affidati alle cure di Charlie,ndr) ed ebbe qualcosa da ridire. Mi limitai a rispondergli che era un mio cliente e che era doveroso che ricordassi la sua disponibilità. Ferdinand Gamper non disse più niente. Ma ebbi come l'impressione che la foto di Andreotti nel mio negozio gli avesse dato fastidio».

E durante il periodo della scuola?

«Nessuna avvisaglia dell'odio nei confronti degli italiani. Ferdinand era un tipo strano, questo sì. Ma con me si limitava a parlare delle cose più banali. Anche durante le giornate trascorse sulla neve mai ho sentito una frase simile a quelle che poi aveva lasciato su un bigliettino prima di togliersi la vita».

Che ricordi ha di quei giorni?

«C'era tanta paura fra i meranesi e fra gli ospiti. Non si usciva di casa la sera. E sono contento di avere, in qualche modo, contribuito al riconoscimento del killer. Ho fatto solo il mio dovere. Anche se non posso dimenticare le accuse e le minacce che hanno fatto a me a alla mia famiglia per aver identificato il killer dall'identikit che mi avevano mostrato due poliziotti in borghese».













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