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Scuola, “travaso” di alunni dalle Dante alle tedesche Goethe

L’intervista. La dirigente Giunta: «Le famiglie agiscono in buona fede, ma iscrivere un bambino nell’istituto dell’altro gruppo non è garanzia di successo»


Antonella Mattioli


BOLZANO. «I genitori italiani, ovviamente, agiscono in buona fede, quando decidono di iscrivere i figli alla scuola tedesca. Quello di cui non tengono conto è che questa scelta non è automaticamente garanzia di successo. Tanto che, nel corso dell’anno, ricevo tante telefonate di genitori disperati che hanno iscritto i figli nella scuola primaria tedesca e mi pregano di prenderli alle Dante».

Chi parla è Sabine Giunta, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo in lingua italiana Bolzano I - Centro storico, una delle scuole con una delle più alte presenze di bambini stranieri, che entra così nel dibattito innescato dall’assessora comunale Johanna Ramoser, l’esponente Svp che, per questa mattina, ha convocato una riunione con i dirigenti delle scuole primarie (elementari) di lingua tedesca della città.

«Scopo - ha spiegato l’assessora - esaminare, numeri alla mano, la situazione e cercare una soluzione. La presenza sempre più forte di bambini italiani e stranieri nelle scuole di lingua tedesca sta creando non poche difficoltà a livello sia didattico che di strutture, perché la stragrande maggioranza non sa e non capisce una parola. Risultato: i genitori si lamentano perché i figli non imparano il tedesco; le insegnanti sono in grave difficoltà, perché per farsi capire devono abbassare di molto il livello; i bambini stessi sono a disagio. So che solo accennarne causa un vespaio di polemiche, ma si potrebbe introdurre un piccolo test di ingresso per verificare se i bambini hanno almeno una minima conoscenza del tedesco».

Preside Giunta, il problema sollevato dall’assessora Ramoser è reale, ovvero molte famiglie italiane preferiscono ancora iscrivere i figli alla scuola tedesca?

Il problema c’è eccome. Basta andare fuori da una scuola di lingua tedesca di Bolzano e sentire qual è la lingua prevalentemente usata dai bambini: l’italiano.

È vero che, per l’anno scolastico 2023-2024, la Dante in prima perde una classe?

Sì, passiamo dalle attuali due a una classe. Quella che perdiamo noi, la guadagna la scuola Goethe. Questo è dovuto oltre che alla scelta dei genitori, anche ad un calo oggettivo dei bambini nati nel 2017 che, nel nostro distretto, sono in tutto un’ottantina e possono scegliere tra le Dante, le Longon, le Rosmini, le Goethe e le Marcelline.

La scuola italiana, ormai da anni, investe nel potenziamento della seconda lingua, come si spiega questa sfiducia da parte di molte famiglie italiane?

La società altoatesina ha il chiodo del tedesco; c’è una sorta di ansia da parte delle famiglie che si traduce nella convinzione che i bambini possano imparare più facilmente e meglio il tedesco solo se vengono iscritti nelle scuole di madrelingua.

Invece non è così.

Purtroppo, da parte di molti c’è scarsa conoscenza di quelli che sono i processi di apprendimento. Non è che tutti i bambini reagiscono nello stesso modo: questa è un’illusione. Parlo per esperienza diretta.

Cosa significa?

Io sono nata in Germania da genitori italiani emigrati per lavoro: in casa si parlava dialetto, a scuola il tedesco; al Consolato frequentavo i corsi di italiano. Io ho imparato ad usare tutti e tre i codici; mio fratello solo uno. Questo per dire che non c’è nulla di scontato. La conferma - spesso e volentieri - anche dalle numerose richieste che mi arrivano dai genitori.

Che le chiedono di accogliere i bambini nella sua scuola.

Ricevo telefonate disperate di genitori che hanno figli iscritti al quarto o quinto anno della scuola tedesca, che non vogliono più frequentare. Perché non capiscono, non si trovano a loro agio.

Quindi lei sconsiglia l’iscrizione di un bambino italiano in una classe di lingua tedesca.

Ogni genitore è libero, ma deve sapere che non avrà la garanzia che suo figlio imparerà sicuramente il tedesco. A meno che il bambino non abbia una particolare predisposizione per le lingue. E comunque va sostenuto, aiutato creandogli attorno un contesto ad hoc, perché una lingua non si impara solo a scuola.

L’assessora Ramoser, propone un test d’accesso per verificare una conoscenza almeno minima del tedesco.

Mi sembra una strada un po’ pericolosa.

Lei cosa propone?

Quello che facciamo noi con i bambini che arrivano da altre parti del mondo. Anche la scuola tedesca offra sostegni specifici per venire incontro ai bisogni linguistici speciali. Comunque la questione linguistica è l’ultimo dei problemi della scuola, agitato in certi periodi prestabiliti. La scuola ha bisogno di serenità e risorse, non di artefatte contrapposizioni linguistiche ad uso e consumo di esigenze elettorali.













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