Accoglienza

Senzatetto, il Comune di Bolzano cerca case: «Vogliamo aiutare chi lavora». Silenzio dagli altri Comuni

La rabbia di Chiara Rabini: «Prosegue la fredda operazione di cementificazione sotto i piloni dell’A22». L’assessora vuole creare più strutture con stanze a basso costo. 


Sara Martinello


BOLZANO. Cercansi edifici dove accogliere lavoratori e lavoratrici senza fissa dimora. È nei piani dell’assessora Chiara Rabini, che vuole replicare il progetto Casa Roma 100, dove 24 persone hanno trovato una stanza a 230 euro al mese: «Bolzano deve costruire un sistema ordinario, non emergenziale, di piccole strutture meno impattanti dell’ex Alimarket e collegate al tessuto cittadino, che facilitino l’accoglienza da parte degli operatori e l’accettazione del posto da parte delle persone che ci vivranno». Servono spazi perché per Casa Roma 100, Casa Migrantes e Casa Freinademetz la lista d’attesa è lunga e le richieste di Arno Kompatscher ai Comuni sembrano cadute nel vuoto.

I cubi di cemento

Nella parte più alta dei piloni del viadotto che attraversa il capoluogo, nei giorni scorsi sono comparsi ulteriori dissuasori che impediscono di crearvi giacigli. Una «fredda operazione di cementificazione», scrive l’assessora Rabini, condannando questi interventi come «il simbolo inaccettabile della lotta ai poveri, che cancella tutto quello che di buono fa la città». L’assessora condivide le esigenze di sicurezza, ma non «i solerti, continui e costosi interventi di Autobrennero». Un intervento scandaloso pure per Federica Franchi di Bozen solidale, «perché significa soltanto una cosa, “Noi qui non vi vogliamo”. È questo il vero degrado». L’associazione ha fatto un presepe di cartone nel luogo dove è morto a 19 anni Mostafa Abdelaziz Abouelela, ricordato dal vescovo Ivo Muser durante la messa di Natale.

L’assessore Juri Andriollo non si espone sui cubi di cemento («Non dobbiamo strumentalizzare tutto») ma riconosce che «vanno migliorati la comunicazione e l’approccio dell’unità di strada». Qui l’esempio è di attiviste e volontari: sono loro i cartelli multilingui che segnalano posti liberi all’ex Alimarket, apparsi in viale Trento e a ponte Langer.

Il sistema dell’accoglienza

Nel 2017, con la spinta di Kompatscher e della società civile, sei Comunità comprensoriali aderirono alla rete Sprar, che per il triennio 2018-2020 prevedeva 223 posti. Nel 2020 tre di loro abbandonarono il progetto e si passò al sistema Siproimi, riservato a minori e titolari di protezione internazionale. Oggi si fa riferimento al Sai, Sistema di accoglienza e integrazione. Tra la Comunità comprensoriale del Burgraviato, quella della val Venosta e quella della valle Isarco sono disponibili 90 posti totali.

«Le famiglie vengono separate dai padri ai sensi di una circolare provinciale del 2016 che a mio avviso va cancellata», segnala Chiara Rabini. Inoltre, prosegue, «va abolito il sistema dei “fuori quota”, tipicità solo altoatesina che esclude dall’accoglienza i richiedenti protezione internazionale che arrivano qui via terra e autonomamente».

Il silenzio dei Comuni

Avevano tempo fino a Natale, i Comuni, per indicare le strutture da riattivare. Ma ieri non risultavano candidature. Chiara Rabini e Andriollo sperano che le Comunità comprensoriali proroghino l’adesione al Sai, da comunicare a Roma entro il mese prossimo. «Le strutture chiuse – ancora l’assessora – potrebbero essere riattivate aderendo al nuovo bando. Bisogna aprire un centro di transito per i richiedenti protezione internazionale, ripristinare e ampliare con fondi statali la rete Sai, riaprire i piccoli Cas sul territorio, attivare in tutta la provincia spazi per senzatetto lavoratori». Nei prossimi giorni Andriollo riunirà il tavolo di associazioni e operatori di Bolzano. «Poi verificheremo con la Provincia la disponibilità a fare un percorso unitario. Servirà la volontà politica dei Comuni».

 













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