Un film dedicato a donne che non vogliono figli

La produzione, da oggi visibile sul web, affronta un tema per molti anni tabù L’ autrice è Nicoletta Nesler, bolzanina. La testimonianza di Lidia Menapace


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Figli - dice Rosanna - tutta la vita tuoi, non ce la posso fare». “Lunàdigas” (come in sardo sono chiamate le pecore sterili), il documentario-web che a partire da oggi sarà possibile vedere sul sito www.lunadigas.com, è dedicato a tutte quelle donne che scelgono di non avere figli. Il lavoro, firmato da Nicoletta Nesler, bolzanina d’origine e romana d’adozione, e Marilisa Piga, sarda ( entrambe senza figli), co-finsanziato dalla Film commission altoatesina (Bls), che precede l’uscita del film-documentario vero e proprio prevista a fine primavera, affronta con oltre 200 testimonianze un tema-tabù, ovvero la scelta di non avere figli. Argomento delicato di cui le donne in genere non parlano per evitare di passare per “eredi di Erode”, per non sentirsi spiegare per l’ennesima volta “quale occasione si perdono”, per non sentirsi dire che il tempo “scandito dall’orologio biologico” sta per scadere.

«Proprio per questo - dice Nesler - abbiamo voluto indagare su questa scelta, esplorando il mondo, articolato e sconosciuto di chi ha deciso di non di diventare madre».

E cosa emerge? «Che un numero crescente di donne decide di non avere figli».

Perché c’è insicurezza sul futuro, perché il lavoro è spesso precario o perché i servizi a sostegno della famiglia sono carenti? «No. In linea di massima si tratta di donne che potrebbero permetterselo. Ma decidono di no: è l’istituzione tradizionale della famiglia che oggi è in crisi».

Lunàdigas è ambientato in Italia - molte le scene che hanno come location l’Alto Adige - e dà voce a donne celebri e anonime, giovani, e quindi ancora in grado di diventare mamme oppure avanti con gli anni che guardano alla scelta fatta senza alcun rimpianto.

Tra le persone note intervistate c’è anche Lidia Menapace, 90 anni bolzanina, ex senatrice di Rifondazione, sempre in prima linea nelle battaglie per la difesa dei diritti femminili: «Non ho una motivazione, semplicemente non ho avuto figli. Non sono mai stata assillata dalla cosa, solo dopo che mi sono sposata, ogni volta che andavo dal parentado, mi sentivo chiedere: novità? Notavo che mi guardavano più la pancia che la faccia. È allora che ho cominciato a chiedermi: ho fatto la Resistenza, ho superato il concorso di insegnante, ho già dato prova di me, cosa vogliono ancora? Ho riflettuto e sono giunta alla conclusione che l’assillo della maternità è una sovrastruttura culturale punitiva nei confronti di quelle donne che non hanno figli. La maternità è una possibilità, non un obbligo». Rimpianti? «Nessuno». Paura della solitudine nella vecchiaia? «Conosco nonni ricchi di nipoti che vivono nella solitudine, io ho la casa sempre piena di gente». Se avesse avuto un figlio come sarebbe stata la sua vita? «L’avrei messo in una cesta e l’avrei portato con me ovunque: non avrei sicuramente rinunciato né all’insegnamento né all’attività politica. La maternità non è tutto».

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