Uno studio sdogana le mascherine 

Agenzia ambiente (Appa). Verdi: «L’aria che respiriamo è la stessa che inaliamo in ufficio o a scuola. Nessun problema di anidride carbonica» Sotto la protezione l’aria aumenta di 2 gradi: fastidio null’altro. L’assessore Vettorato: «Indagine importante per combattere le fake news»


Paolo Campostrini


Bolzano. Tra i no mask e i sì mask ci si mette di mezzo la scienza. E che dice? Questo: le mascherine proteggono, quando le indossiamo respiriamo un'aria sullo stesso livello qualitativo di quella che respireremo senza mascherina in ufficio, a casa o a scuola, e la qualità dell'aria al suo interno è buona perchè il ricambio della stessa è più che sufficiente e l'anidride carbonica che inspiriamo, magari sulla strada, è poi in una percentuale minima "espirata" con la protezione indosso.

Detto più semplicemente: nessun danno viene prodotto dai dispositivi di protezione.

Lo ha detto una ricerca specialistica condotta dai laboratori provinciali che si occupano di aria che hanno rigirato come dei calzini tutte le mascherine in commercio, chirurgiche, Ffp2, di stoffa, artigianali, a visiera per capire cosa succede al loro interno, quanto ossigeno o Co2 (anidride carbonica) sono presenti dietro la stoffa o il cotone o la plastica che avvolgono il nostro viso. Delle mascherine possiamo fidarci. E lo possiamo fare perché di aria Luca Verdi se ne intende. É a capo dell'Agenzia provinciale per l'ambiente (Appa) e conosce ogni particella dell'ossigeno o della Co2 che respiriamo. «Abbiamo indagato ogni aspetto legato alla nostra convivenza con la mascherina attraverso test di laboratorio e studiate le conseguenze "inspiratorie" su tutti i dispositivi di copertura in commercio in varie posizioni: seduti, sotto sforzo o in leggero movimento" ha spiegato ieri alla presentazione dell'indagine. Che, come detto, si è data un obiettivo limitato: studiare quel "microambiente" costituito dai millimetri che separano il nostro naso e la bocca dalla pellicola della mascherina».

Esame in laboratorio.

A tal fine sono state prese in esame diverse tipologie di dispositivi di copertura naso-bocca: mascherina artigianale, mascherina chirurgica, FfP2 o Kn95, visiera e fasce di stoffa. «L’aria che espiriamo - dice Luca Verdi - contiene un’elevata concentrazione di anidride carbonica, circa 40.000 ppm, ovvero il 4%. Dallo studio è emerso che indossando un dispositivo di copertura naso-bocca si ha comunque un notevole ricambio d’aria che porta ad una consistente riduzione della concentrazione di Co2. Più precisamente la percentuale di anidride carbonica espirata che viene re-inalata varia da un minimo del 3% con la visiera, a un massimo del 14% con la mascherina artigianale». «Noi volevamo fornire, dati, numeri e curve della qualità dell'aria dentro le mascherine - dice Giuliano Vettorato, assessore all'ambiente - e non commenti. Di quelli sono pieni i social». Si è detto molto orgoglioso, Vettorato. Perchè quello presentato è il primo (o almeno tra i primissimi) studio in Italia e forse in Europa sulle conseguenze in termini di qualità dell'aria respirata all'interno delle protezioni.

Le mascherine Ffp2 o le chirurgiche offrono una qualità dell'aria e di protezione assolutamente più importante rispetto a quelle di stoffa o artigianali. Ma comunque inferiore a quelle a visiera, che lasciano larghi varchi per l'aria e pochi per il virus frontale.

Attenti agli ambienti chiusi.

Ma cosa ci insegna lo studio al di là del piano sdoganamento salutistico delle mascherine? «Che negli ambienti chiusi, pensiamo alle scuole o agli uffici, è indispensabile arieggiare per mantenere virtuoso il rapporto tra ossigeno e anidride carbonica».

Con protezione 2 gradi di più.

Oltre a caratterizzare la qualità dell’aria inspirata, lo studio ha voluto valutare una possibile fonte di disagio avvertito con l’uso prolungato di tali dispositivi di copertura. «Grazie ad una termocamera abbiamo misurato la temperatura superficiale del viso, con e senza mascherina», ha spiegato Clara Peretti, consulente per il Laboratorio Analisi aria e radioprotezione nell’ambito del progetto europeo QAES . «Dalla prova - ha aggiunto - è emerso che nella zona del viso coperta dal dispositivo di copertura la temperatura superficiale aumenta in media di due gradi. Innalzamento di temperatura e conseguente sudorazione possono creare una sensazione di fastidio»













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