La guerra

Via dall’Ucraina a Bolzano con Elina, due mesi appena 

Valeria (28 anni) e Katya (31) ospitate in via Milano da una famiglia bolzanina: «Grazie». Svegliate dalle bombe il 24 febbraio alle 4 di mattina: «Siamo partite immediatamente»



BOLZANO. Due giovani donne ucraine, in fuga dall’inferno, vivono da qualche giorno a Bolzano. Sono cognate, arrivate dopo un viaggio allucinante durato giorni con due valigie... dentro un cambio, le medicine e poco più. Le ospita la famiglia Imperiale che ha offerto loro una stanza in via Milano.

Valeria Frolova 28 anni, abitava vicino a Kiev. Katya Borsuk, 31 anni, un volto da madonna, scappata dalla bombe di Ozeryany, mentre parla stringe tra le braccia Elina, la figlia di due mesi che appena arrivata all’hub della Fiera è stata visitata dai pediatri del San Maurizio. Per fortuna sta bene. «Aiuto qui bombardano non sappiamo dove andare».

Hanno chiesto aiuto alla nonna che lavora in città come badante che non ha avuto dubbi: «Venite subito, ci stringiamo ma qui c’è posto per voi. C’è una stanza. Li rischiate di non farcela». Sono arrivate da sole dopo un viaggio di fortuna perché i mariti e compagni di vita non possono uscire dall’Ucraina. «Sono rimasti nella nostra terra a difendere la nostra patria e a proteggere gli anziani». Che non se ne vanno. A raccontare la loro storia è Vittorino Veronese, vicino alla famiglia Imperiale: «Le immagini che vediamo in televisione prendono forma attraverso le parole di queste donne. Tutto questo è inaccettabile».

Valeria e Katya non credevano potesse accadere.

«Pensavamo che quelle di Putin fossero minacce, non avremmo mai creduto che sarebbe arrivato a tanto. Ma sta succedendo e non sappiamo come andrà a finire».

Ma loro la valigia l’avevano fatta lo stesso, per precauzione. «Certo ci abbiamo messo dentro il minimo necessario e qualche medicina. E la tenevamo lì pronta». Pensavate veramente che un giorno avreste dovuto scappare? «No. Inizialmente nessuno ci credeva. Tutti i nostri parenti e gli amici ci dicevano che eravamo matti a pensare che ci sarebbe stata la guerra, e che tutto sarebbe andato bene, che erano solo manovre dell’esercito russo». Ma le cose non sono andate così. «Alle quattro di mattina, del 24 febbraio, ci hanno svegliato delle forti esplosioni sulle nostre città. Allora i nostri mariti hanno capito che nessuno stava scherzando, che non c’era un minuto da perdere e che almeno noi ci dovevamo salvare».

Gli anziani se ne vanno?

«No. Non vogliono lasciare l’Ucraina». Stanno lì a costo di morire sotto le bombe.

«Abbiamo messo in macchina poche cose e siamo partite. La notte abbiamo dovuto fermarci perché la bimba era stanchissima. Ci ha ospitato una famiglia, per una notte abbiamo dormito in un villaggio lontano dalle città. Almeno non si sentivano i missili». Poi di nuovo in viaggio ed una sosta a Ternopil. «Li abbiamo affittato un appartamento per due giorni in attesa di avere un passaggio per l’Italia dove ci aspettava la famiglia Imperiale, che ringraziamo di cuore per l’umanità che sta dimostrando». Quindi ancora in viaggio con la paura, questa volta su un furgone.

«Con noi c’erano altri 5 adulti e due altri bambini. Abbiamo viaggiato per 5 giorni. È stato duro, difficile, massacrante». La mamma aveva paura che la piccola non ce la facesse. Era stremata. A Bolzano è stata subito visitata e per fortuna i medici hanno dato l’ok. «È affaticata ma in salute». E adesso? «Ci mancano moltissimo le nostre famiglie, ci manca casa nostra, ma li per adesso è impossibile solo pensare di tornare. Viviamo alla giornata, di giorno in giorno in attesa che la guerra si fermi. Questo orribile ed inutile massacro non può continuare. Dobbiamo ricostruire le nostre città distrutte. Abbiamo diritto ad una vita normale. Ne ha diritto soprattutto Elina, due mesi appena». V.F.













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