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Asili, il pedagogista: «In estate per i bambini sono più salutari attività diverse»

«Quella da zero a sei anni è la “stagione dell’oro”, per i bambini il periodo del massimo apprendimento e che va valorizzato», spiega Dario Ianes


Antonella Mattioli


BOLZANO. «La soluzione più semplice? Scuole dell’infanzia aperte 11, anzi ancora meglio, 12 mesi all’anno e possibilmente no stop, 24 ore su 24. Così si va incontro alle esigenze delle famiglie, dove ormai praticamente entrambi i genitori lavorano. Non sarebbe però la cosa migliore per i bambini».
Così Dario Ianes, professore ordinario di Pedagogia dell’inclusione alla Facoltà di scienze della formazione di Bressanone, dove si laureano gli insegnanti delle scuola dell’infanzia e della scuola primaria (la laurea è necessaria oggi per entrambi i profili, ndr), e co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento.


Professore, ma perché non dovrebbe essere la soluzione buona anche per i bambini?

Faccio una premessa: nella nostra regione abbiamo scuole dell’infanzia altamente qualificate, con un’offerta educativa e formativa molto interessante e stimolante. Anche perché tutti gli studi sono concordi nel dire che la fascia di età da zero a sei anni è la “stagione dell’oro”; ovvero il periodo del massimo apprendimento, perché i piccoli sono come delle spugne che assorbono tutto. Per questi motivi, è in questo periodo che io concentrerei il massimo degli sforzi: sia a livello di preparazione degli insegnanti che di investimenti economici.


E quindi, se il livello dell’offerta è buono per 10 mesi all’anno, perché non dovrebbe esserlo anche per luglio e agosto, quando i genitori devono fare i salti mortali per sistemare i figli, visto che la scuola dell’infanzia è chiusa.

Già il verbo “sistemare” non è corretto, da 0 a 6 anni il bambino non va parcheggiato e neppure accudito nel senso materno del termine, ma - lo ripeto - va seguito da personale con una formazione elevata. Detto questo, dopo 10 mesi di scuola dell’infanzia i bambini hanno bisogno di nuovi stimoli, che possono venire solo da qualcosa di diverso.

E cosa sarebbe questo “qualcosa di diverso”?

Viviamo in una terra ricca sia dal punto di vista naturale che delle associazioni. Si potrebbero immaginare delle attività all’aperto fatte con il coinvolgimento, almeno in parte, di persone delle associazioni e, se disponibili, anche dei genitori.
Bellissime idee che riprendono in parte quello che offrono le diverse associazioni per il periodo estivo, ma questo complica terribilmente la vita dei genitori che fanno fatica a conciliare lavoro e famiglia.

Scusi la domanda personale: lei ha figli?
Ne ho quattro.
 

Quindi cosa propone?

Lo ripeto, so che - al di là delle vertenze sindacali - la cosa più semplice sarebbe prolungare a 11 o addirittura 12 mesi la durata della scuola dell’infanzia, ma dal punto di vista della crescita del bambino, bisogna offrire qualcosa di nuovo. Le famiglie però vanno sostenute: all’interno delle scuole ci deve essere qualcuno che aiuta i genitori ad orientarsi tra le varie proposte; aggiungo che deve esserci anche un sostegno economico perché le attività hanno un costo. Serve anche personale.

Lei è docente alla Facoltà di scienze della formazione, dove le iscrizioni sono in flessione.

Purtroppo è così. La professione dell’insegnante nella scuola dell’infanzia e nella primaria è poco attrattiva, perché gode di scarsa considerazione nell’opinione pubblica e anche le retribuzioni non sono adeguate. Gli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria sono quasi sempre donne.
Se possibile ancora più che in passato. Ma non è ovunque così. In Finlandia, per fare un esempio, sono molti anche i giovani che scelgono di insegnare nelle scuole dell’infanzia e nella primaria, perché è una professione che gode di considerazione sociale ed è ben retribuita.













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