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Brocco e la sua battaglia per i "guerrieri caffellatte"

La storia. Brocco, 60 anni, è affetto da neurofibromatosi: oggi è vicepresidente dell’associazione In Alto Adige ne sono affette 140 persone. «La speranza è nella ricerca e sto vicino alle persone»


anselmo niglio


BRESSANONE. Stefano Brocco ha 60 anni. Dalla nascita è affetto da neurofibromatosi. Una malattia rara. Incurabile. In Alto Adige le persone “caffellatte” – dalle macchie di colore marrone chiaro che compaiono precocemente sulla pelle – sono 140. Abita a Stufles, il rione più antico di Bressanone. È sposato con Ingrid Rauch. Si amano da più di 20 anni. Con loro c’è Tommy. Un bambino che frequenta la terza elementare.

Stefano ha dato una mano ai genitori del piccolo a trovar casa. Si sono trasferiti da Ponte Gardena, nel suo vecchio appartamento. Sullo stesso pianerottolo. E da allora sono diventati inseparabili. L’altruismo, la generosità, la forza d’animo che trasmette sono disarmanti. Lasciano senza parole. Prima di cominciare l’intervista, toglie le bende che coprono l’avambraccio sinistro e mostra di cosa parliamo. La conversazione d’improvviso diventa lenta. Essenziale. Stefano non perde il sorriso. Ha la voce tenue. Una lezione di vita concentrata in poche domande.

Sfefano, come ha inizio la sua storia?

Sono Stefano Brocco, brissinese doc. Sono nato a Bressanone il 26 maggio 1963 con questa malattia: la neurofibromatosi. Caratteristiche sono le macchie caffellatte che compaiono progressivamente su tutto il corpo, anche negli occhi. La mamma (di Mezzaselva) e il papà, alla mia venuta al mondo erano letteralmente spiazzati. Questa malattia o è trasmissibile o da due genitori sani è il risultato di una mutazione genetica (l’alterazione congenita del cromosoma 17). I miei mi hanno sempre trattato come un bimbo normale. Mi hanno insegnato a lottare.

Quindi asilo, scuola e poi lavoro?

Tutto il percorso scolastico in lingua italiana. Mi sono diplomato all’istituto alberghiero Ritz di Merano. Ho fatto il cuoco e poi a seguito della diagnosi (sempre legata alla malattia) di una grave patologia oncologica al cervello, ho dovuto lasciare per un po’ il lavoro. Crescono dei neurofibromi. Delle formazioni cancerogene lungo i nervi. Ho smesso con il mestiere di chef e sono stato assunto all’ospedale di Bressanone grazie alla legge 68 (del 1999). Sono rimasto là per 20 anni. Sono in pensione dal 2010.

Quando l’incontro con l’associazione Neuro Fibromatosi – Onlus?

Ho sempre sentito il desiderio di aiutare il prossimo. L’associazione è stata fondata a Parma agli inizi degli anni ‘90. È affiliata alla Children’s tumor fondation di New York. Ho iniziato a seguire i vari gruppi. Sono andato al primo congresso. Mi sono messo a disposizione. Oggi sono il vicepresidente nazionale e il referente per il Triveneto. Chi ha bisogno – anche solo di parlare – mi chiama. Il telefono squilla continuamente.

Avete da poco lanciato una raccolta fondi con il libro “Caffellatte sulla pelle”?

Sì, maggio è il mese della neurofibromatosi. Il 17 è la giornata mondiale. Il libro racconta 15 storie. In primis quella di Gaia Zappia che purtroppo non ce l’ha fatta. È morta a 21 anni. Aveva la forma grave della malattia. Sono 7 le forme. La 2 – quella di Gaia – è la più severa. Ma il nostro motto è “Siamo rari non diversi. Siamo pieni di macchie ma dentro splendiamo di gioia. Noi siamo più forti. Noi vinceremo perché siamo i guerrieri caffellatte”. Continuiamo a portare avanti la battaglia, anche per Gaia. Abbiamo in stampa due nuovi libri. I fondi raccolti vanno alla ricerca.

Di cosa si occupa l’associazione?

Diamo sostegno alle persone. Consigliamo centri specialistici e ascoltiamo tanto. Soprattutto le nuove generazioni e i loro genitori: c’è un bisogno urgente di parlare. Si organizzano dei congressi nazionali. Contiamo 1.500 soci in tutto il Paese. A Bolzano il nostro punto di riferimento è il dottor Francesco Benedicenti, il responsabile del centro malattie rare. A Trento c’è un centro all’avanguardia di protonterapia, molto precisa e poco invasiva.

Le cure?

Al momento non ce ne sono. Si può intervenire chirurgicamente. In sperimentazione c’è un farmaco americano che è in attesa d’approvazione e poi sempre fase sperimentale una sorta di gel. L’iter si è già concluso per i bambini mentre gli adulti devono ancora attendere. Blocca la crescita dei neurofibromi (tumori che crescono lungo il decorso dei nervi). Siamo fiduciosi.

Speranze per il futuro?

Ho 60 anni ormai. Le mie speranze sono riposte nella ricerca, per i bambini e i giovani. Seguo soprattutto i casi gravi (i cosiddetti casi sporadici). Dico ai genitori di lasciargli fare tutto. Devono scoprire il mondo. Senza proibizioni. Provare come ho fatto io a vivere una vita piena. Scoprire i propri limiti e passo dopo passo imparare a convivere con la malattia. Il mio sogno nel cassetto è che si trovi presto una cura. Un vaccino. Tutti le informazioni, compreso il mio contatto, sono disponibili sul sito www.neurofibromatosi.org.

Tommy segue con interesse l’intera intervista. Gli chiedo, in chiusura, cosa pensa delle parole che ha ascoltato da Stefano? La risposta: «Si incontrano tante difficoltà nella vita ma le persone sono più forti delle malattie. Sono guerrieri». I guerrieri caffellatte.

 













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