La storia

Hofer, la prima altoatesina senza ossigeno sugli 8.000 

Nel ’91 la salita del Cho Oyu, 15 anni dopo lo Shisha Pangma. La straordinaria alpinista della Val di Vizze ha appena compiuto 70 anni e ha collezionato imprese ovunque: «Ma sono una scalatrice normale»  


Fausto Da Deppo


VAL D'ISARCO. Gabi Hofer dice di essere “un’alpinista normale”. Perché scalate e attraversate su roccia, neve e ghiaccio non sono e non sono state la sua professione. Ma è stata la prima donna altoatesina ad aver conquistato degli Ottomila senza l’aiuto dell’ossigeno.

Ha iniziato a collezionare imprese fra Himalaya, Africa e Sud America quando aveva 39 anni e due figli. La montagna era sempre stata la sua passione e solo da quel momento, era il 1989, si è presa una fetta di tempo più consistente da spartire con le priorità della famiglia. Anche per questo, Gabi Hofer ripete di essere “un’alpinista normale”, rispetto a quelli che si dedicano anima e corpo alle vette e ai record di alta quota fin dall’istante in cui aprono gli occhi sul mondo.

Hofer ha compito 70 anni sabato scorso e ha festeggiato con il marito Heinrich Eisendle e con i due figli nella casa a Prati, in Val di Vizze. Ma già progetta nuove avventure di scialpinismo e di alpinismo. “Magari non sono più in programma degli Ottomila - spiega insieme al marito - ma qualche cima sulle Dolomiti è sempre alla portata”.

Gli Ottomila raggiunti senza ossigeno nel curriculum di Gabi Hofer sono il Cho Oyu (8201 metri) firmato in vetta nel 1991 e quindici anni dopo lo Shisha Pangma (8046 metri). Poi c’è la spedizione del 1994 nel Karakorum, l’obiettivo gli 8.047 metri di altezza del Broad Peak solo “sfiorato”: a 7.200 metri di quota Gabi e il suo gruppo dovettero tornare indietro, respinti da condizioni meteo che rendevano troppo rischioso l’ultimo “strappo”.

Gabi e il suo gruppo, perché l’“alpinista normale” della Val di Vizze si è sempre mossa individuando mete e organizzando viaggi e ascensioni con un’affiatatissima compagnia di amanti della montagna come lei, esperti alpinisti e amici, gente che mescola in un intreccio magico abilità tecniche, esperienza da vendere e passione sconfinata. Letteralmente sconfinata, a livello di cinque continenti con l’aggiunta dei poli. Tra loro, la guida alpina di Valdaora Hermann Tauber, Roland Erardi e lo stesso marito Heinrich (anche se lui si ritrae un po’ e dice di non amare le destinazioni “sopra i 6 mila metri”).

Sono dai sei ai dieci. Basta un’occhiata e si capiscono, mettono a fuoco traguardi e percorsi per arrivare a tagliarli, a cominciare appunto dal 1989, quando Gabi Hofer ha potuto lasciare per un “attimo” a casa i due figli (avevano 7 e 9 anni) e si è affacciata ai piani alti del pianeta. È stato un inizio di “fuoco” che ha messo in fila tre vulcani oltre i 5 mila metri in Messico, il Popocatepetl (5430 metri), l’Ixtaccihuatl (5240 metri) e il Pico de Orizaba (5720 metri). “Si è visto subito che Gabi era forte - ricorda Erardi - Univa e unisce una resistenza fuori dal comune con una grande determinazione”.

E allora non si è più fermata, l’intero gruppo non si è più fermato: Cina, Nepal, Perù, Kenia, Argentina, il diario di Gabi piazza bandierine ovunque ci sia una montagna da salire o una distesa di neve da solcare. La nota più recente, nel diario, riferisce di un tour scialpinistico realizzato l’anno scorso nella Valle Mamay in Siberia, vicino al lago Baikal. Quest’anno si aggiungerà qualche altra impresa, visto che si sono i 70 anni di Gabi da festeggiare come meritano.













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