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Il body painter che conquista con le illusioni ottiche 

Johannes Stötter è diventato campione mondiale di “pittura del corpo” nel 2012  ed è stato il primo artista del settore a creare camouflage in movimento. Su di lui hanno scritto giornali e riviste come Sun, Mirror e New York Post «Unisco la bellezza del corpo umano alle forme e ai colori dell’ambiente»


Caterina Fantoni


VIPITENO. Le illusioni ottiche create con la pittura di Johannes Stötter hanno fatto il giro del mondo, tanto che oggi l’artista vipitenese è uno dei body painter più conosciuti e apprezzati. Stötter, da pittore autodidatta, è diventato campione mondiale di “pittura del corpo” nel 2012 ed è stato il primo body painter a creare camouflage in movimento.

Il video della sua rana nel 2013 è diventato virale in pochi giorni e da allora Stötter è stato invitato a live show e a festival da tutte le principali emittenti televisive, dalla Corea al Brasile, dagli Stati Uniti al Sud Africa, dal Canada alla Cina e all’India, senza contare la maggior parte degli stati europei. Su di lui hanno scritto giornali e riviste come The Sun, Mirror, New York Post e Focus; nel 2019 l’emittente russa Channel One gli ha persino dedicato un documentario.

Prima di partire per il Canada, Stötter ha concesso un’intervista anche all’Alto Adige.

Come è arrivato a fare body painting?

Il disegno e la pittura sono qualcosa che fa parte di me fin da quando ero piccolo. L’arte mi ha sempre attirato ed è sempre stata la mia principale forma d’espressione. Per un periodo l’ho accantonata per dedicarmi alla musica ma, a un certo punto, è stato come se la pittura mi avesse richiamato alla mia vera identità. L’ultimo anno di superiori mi è venuta l’idea di dipingere un corpo, senza sapere che esistesse la disciplina del body painting. A Vipiteno, alla fine degli anni ’90, in un’epoca in cui non esisteva internet arrivavano infatti notizie e tendenze mainstream attraverso la stampa e la televisione, mentre tutte le realtà di nicchia era facile che rimanessero sconosciute. Perciò quando venni a sapere che esisteva addirittura un festival di body painting fu una bella sorpresa. Io ho cominciato da solo, attorno ai vent’anni, sperimentando su un gruppo di amici e non sapevo neanche quali colori usare, per cui all’inizio mescolavo pigmenti alla crema idratante. Poi partecipando al festival del Wörthersee ho potuto affinare la tecnica e capire quali erano gli strumenti e i materiali più adatti al mio lavoro.

Quali sono stati i modelli a cui si è ispirato?

Il mio principale modello è sempre stata la natura. Crescendo in mezzo alle montagne e potendo stare immerso in questo contesto ho sempre potuto trarre ispirazione da elementi stupefacenti. La mia disciplina artistica unisce la bellezza del corpo umano alle forme e ai colori dell’ambiente e per me questo è il massimo dell’espressione pittorica ispirata alla natura.

Visti il successo e i continui ingaggi, ha mai pensato di trasferirsi a vivere in una città come Milano, Londra, Parigi o New York?

Devo dire che negli ultimi dieci anni, pur avendo visto posti bellissimi, non ho ancora trovato un luogo simile a questo o un posto in cui preferirei andare a vivere. Qui vado in montagna ogni volta che posso, ho creato il mio atelier con le attrezzature indispensabili per le riprese fotografiche e ho tutto ciò che mi serve. Viaggio volentieri, ma a Vipiteno mi sento a casa e mi sento me stesso. Credo che essere fedele alla mia identità, a prescindere dalla mia fama, sia la condizione fondamentale per continuare la mia arte. Se non rimanessi me stesso sono sicuro che ne risentirebbe molto anche la mia capacità espressiva.

Sono trascorsi diversi anni tra i suoi primi esperimenti e la sua realizzazione professionale come body painter, ci sono mai stati momenti di sconforto, in cui ha pensato che non ne valesse la pena?

Prima di vincere il titolo di campione mondiale al festival del Wörthersee nel 2012, ho continuato a fare lavoretti vari, a suonare in un gruppo e a dipingere per progetti grafici, ho avuto momenti difficili ma non ho mai pensato di lasciar perdere. L’arte è sempre un rischio. Per me è sempre stato più importante seguire il mio sogno correndo quel rischio: il body painting era il mio scopo e la mia vera modalità espressiva, speravo e sapevo che prima o poi sarei riuscito a dimostrare il massimo.

Quali sono le occasioni in cui ha dimostrato il massimo?

Sicuramente tutte le performance dal vivo. Quelli sono i momenti più delicati, in cui non mi posso permettere errori. Ad esempio, per realizzare il camaleonte devo dipingere occhio e bocca al millimetro perché tutto funzioni alla perfezione.

Quando gira per il mondo dipinge ogni volta su modelle del luogo di destinazione?

No, le mie modelle sono tutte dell’Alta Val d’Isarco e mi accompagnano, ho bisogno di collaborare con persone che partecipano all’opera fin dall’inizio. Per me è infatti necessario provare molte volte nel mio atelier e stabilire una sintonia profonda con le modelle, perché i camouflage che realizzo hanno una lunga e precisa preparazione.

A parte il successo mondiale, cosa le ha dato il body painting?

Mi ha permesso di fare esattamente la vita che desideravo: essere libero di gestire il mio tempo, guadagnare quel tanto che mi basta per vivere e per comprare i materiali necessari alla mia arte. Mi ha permesso di viaggiare e di conoscere la mia compagna, anche lei una campionessa mondiale di body painting, che riesce a capirmi più di chiunque altro e che mi ha regalato nostra figlia. La realtà del body painting mi ha permesso di confrontarmi con persone con cui condivido la stessa visione e che capiscono bene l’esigenza fare arte. Tutto questo mi ha aiutato a crescere nelle mie sfide, a sognare ancora più in grande rimanendo però sempre me stesso.













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