Covid

«In Alto Adige venti ostetriche No-Vax» 

Sara Zanetti, 37enne di Chiusa, lavora a Bressanone ed è la presidente dell'Ordine. «Le colleghe che fanno i parti a casa sono tutte vaccinate». «Le sospensioni hanno creato problemi di organico. In Alto Adige nicchie contrarie ai vaccini, Bressanone e Merano gli ospedali più colpiti» 


Massimiliano Bona


BRESSANONE. Sono almeno 20 le ostetriche altoatesine non vaccinate e attualmente sospese dall’Asl. La maggior parte lavora negli ospedali di Bressanone e Merano, dove la scelta no-Vax ha causato anche problemi di organico e turni. Ne abbiamo parlato con Sara Zanetti, brissinese di 37 anni, presidente dell’Ordine delle Ostetriche che vanta una grande esperienza negli ospedali periferici, da San Candido a Vipiteno. Ed è proprio in periferia che si registra una certa diffidenza rispetto al vaccino. Zanetti - lavora nel reparto di ginecologia e ostetricia diretto dalla primaria Sonia Prader che segue tanto Bressanone quanto Vipiteno – ne approfitta per lanciare un appello pro-vaccini.

Presidente, partiamo dalle cifre. Quante ostetriche altoatesine iscritte all’Ordine non si sono vaccinate?

In base agli ultimi dati in mio possesso una ventina su un totale di 210 in ambito provinciale.

Quali zone dell’Alto Adige hanno registrato il maggior numero di defezioni e sospensioni?

Il Comprensorio sanitario di Bressanone, a cui fa capo anche Vipiteno, e quello di Merano.

Questo ha provocato anche problemi di turni e organici?

Qualche scompenso nelle realtà direttamente interessate c’è stato. Stiamo parlando di forza lavoro qualificata che è venuta a mancare in un settore in cui i posti in organico erano già giusti, giusti, se non addirittura carenti.

Qual è la sua valutazione personale sul vaccino?

Bisogna farlo. Tutti. Si tratta dell’unico modo conosciuto per uscire dal tunnel del Covid e tornare, lentamente, alla normalità.

Facciamo un passo indietro. Tra le ostetriche No Vax ci sono anche professioniste specializzate nei parti in casa?

No, questo non mi risulta. Si tratta di una decina di colleghe su scala provinciale. E quando è stato il momento di vaccinarsi tutte hanno fatto regolare richiesta.

Venti ostetriche sostengono il «fronte del no». Le sembrano tante o poche?

Onestamente sono parecchie. Almeno dal mio punto di vista.

Tanto per fare un paragone: quante professioniste siete nel Comprensorio della val d’Isarco, tra Bressanone e Vipiteno?

Una ventina, appunto. Poi ci sono anche quelle di Distretto, da Chiusa a Vipiteno.

Qual è, a suo avviso, il motivo di tanta resistenza al vaccino?

Viviamo in Alto Adige, una terra da sempre è piuttosto diffidente rispetto ai vaccini. Il nostro tasso vaccinale è, in assoluto, tra i più bassi a livello nazionale. Sul territorio ci sono, quindi, dei fronti No Vax e questo non aiuta sicuramente.

Lei ha lavorato molto negli ospedali di periferia (Vipiteno e San Candido). Come ha vissuto la chiusura dei punti nascita?

Con una certa sofferenza, almeno all’inizio. Poi ho realizzato, cammin facendo, che la situazione non è peggiorata. Anzi, è aumentato il confronto, che in periferia spesso mancava.

Veniamo agli organici: con le defezioni delle colleghe No Vax quando sarà possibile avere nuovi ingressi?

Le prime 15 colleghe concluderanno il corso a breve e saranno disponibili a novembre. Ma ce ne sono anche di fuori regione. Adesso i corsi sono annuali e la situazione, lentamente, sta migliorando.

Una curiosità: quanti parti ha fatto finora?

Più o meno 100 l’anno. E lavoro dal 2005. Diciamo che dopo i 500 ho smesso di contarli.













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