La proposta

Commissione terrorismo: “duello” Urzì-Unterberger

Il deputato bolzanino: «Porterò iniziative di riflessione sull’Alto Adige». La senatrice: «Sbagliato mescolare anni di piombo e Bas». Di Michele: «La storia viene usata»



BOLZANO. Sta facendo discutere la proposta di legge di Fratelli d’Italia per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla violenza politica negli anni Settanta e Ottanta.

In Alto Adige il dibattito si arricchisce di uno spunto, quello del deputato Alessandro Urzì (FdI): «Se si arrivasse a questa commissione, che si occuperebbe di terrorismo a 360 gradi, proporrei anche un capitolo sul terrore secessionista sudtirolese. In ogni caso presenterò iniziative di riflessione, storicizzazione, memoria, iniziative di pietoso ricordo delle vittime, perché ovunque in Italia esistono luoghi di memoria, tranne che in Alto Adige. Sono stato alla commemorazione delle vittime di Cima Vallona. C’erano centinaia, se non migliaia di persone. In Alto Adige, nulla. Perché?»

La senatrice Julia Unterberger (Svp) reagisce con forza: «Non si possono mescolare gli atti degli attivisti sudtirolesi e il terrorismo degli anni di piombo. Ora si spaccia per amico dei sudtirolesi e sostenitore dell’autonomia, ma resta il solito Urzì che getta olio nel fuoco. Sono iniziative di pure contrasto. Ora c’è la convivenza. Pensavo che con la grazia a Heinrich Oberleiter la questione potesse chiudersi, finalmente».

«È sbagliato», commenta secco il senatore Luigi Spagnolli (Pd), «Se si vuole fare una commissione, se ne istituisca una apposita. Stiamo parlando di due cose diverse, con una valenza del tutto diversa anche in termini di conseguenze».

Lo storico Di Michele

La sensazione dello storico Andrea Di Michele è che «siamo ancora una volta davanti a un caso in cui la storia si usa da una parte e dall’altra con finalità che non sono di conoscenza ma di autolegittimazione e di delegittimazione dell’avversario. Niente di nuovo, in realtà. Il racconto storico, in questi e in altri casi, ci parla più di come siamo noi oggi, che del passato che vorrebbe trattare». «A Julia Unterberger – riprende – risponderei di considerare l’intera parabola della stagione delle bombe, non solo quella iniziale ma anche quella in cui i morti ci furono, numerosi, e furono voluti, in cui fu centrale il ruolo di figure dal profilo neonazista, in cui restano da chiarire anche i ruoli di paesi stranieri come Austria e Germania. È riduttivo pensare a quella stagione come qualcosa in cui romantici patrioti volevano far sentire la propria voce, senza fare del male a nessuno e sognando l’autonomia. A parte che quando metti le bombe il morto può capitarci sempre (e fu proprio ciò che avvenne, fin dall’inizio). Poi non dimentichiamoci che queste persone non volevano l’autonomia, volevano l’autodeterminazione».

Lo storico risponde anche a Urzì: «Fare luce su quella stagione significa anche fare luce su operazioni poco chiare da parte dello Stato, infiltrazioni, azioni di controterrorismo, oltre a violenze e torture. Allargando lo sguardo, inviterei poi a inserire le violenze di quegli anni in Italia all’interno di un contesto in cui non ci furono solo gli scontri di piazza tra rossi e neri ma in cui ci furono le bombe, da piazza Fontana in poi, con l’implicazione dell’estremismo di destra e di pezzi dello Stato. E qui ci sono le sentenze a ricordarcelo, con un ruolo anche di personaggi attivi nel Movimento sociale italiano. La strategia della tensione e i tentati golpe fanno parte della stessa stagione di cui fa parte il terrorismo. Una lettura di quegli anni deve essere complessiva».

Ma si può chiamare terrorismo, quello sudtirolese del Bas (Befreiungsausschuss Südtirol)? È assimilabile a quello degli anni di piombo? E a cosa dobbiamo fare attenzione nel ricordo delle vittime? Di Michele risponde così: «Sì, chiamerei terrorismo anche quello sudtirolese. Anche se mi rendo conto che, nella storia, un terrorista può mutarsi in patriota e viceversa, a seconda del punti di vista e del momento in cui la storia viene raccontata. Chi era l’irredentista Guglielmo Oberdan? Un terrorista o, appunto, un patriota cui dedicare strade e piazze? Ovviamente si tratta di un terrorismo, quello sudtirolese, che ha caratteri, protagonisti e motivazioni molto diversi da quello degli anni di piombo. Riguardo alla commemorazione delle vittime, nel pieno rispetto di chi ha perso la vita e del dolore dei familiari, aspetti che non vanno mai dimenticati, personalmente credo che si tratti di riti civili che hanno tanto più valore quanto più sono occasione di riflessione e approfondimento consapevole, tenendo lontana qualsiasi strumentalizzazione politica». S.M.













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