«Ho imparato ad accettare ciò che non posso cambiare. È lì che comincia la fede. La montagna è il paradiso»
L'imprenditore a gennaio 2024 ha perso il figlio Heinzl in Canada. E oggi è lui a dare la forza agli altri come assistente spirituale ai gruppi cattolici. «Al centro del Vangelo c'è un dono di energia, basta saperlo ascoltare»
BOLZANO. «Ho capito una cosa dopo un po' di anni...». Prego, Georg Oberrauch. «Che serve accettare quel che non si può cambiare. Adesso è il mio segreto». Che però svela ogni volta che può. E lo fa come se si trattasse di un debito contratto col creato. E sì che ne avrebbe di crediti, uno dei nostri più riconosciuti imprenditori, creatore col fratello Heiner di un impero che non si limita a "Sportler" ma viaggia per il mondo dentro una particolare visione del "Made in Südtirol" fatta soprattutto di rispetto della natura e sostenibilità. Uno dei crediti più pesanti, insopportabilmente pesante che un uomo può reclamare è quello della perdita di un figlio. A lui è accaduto in un freddo gennaio canadese dello scorso anno. Ma adesso è qui, Georg, a dare forza agli altri. Come quando parla, sereno, ai gruppi cattolici. L'ho fatto l'altra sera come assistente spirituale all'incontro ecumenico - molto partecipato - che si è tenuto al Parco delle Religioni di viale Trento. Un luogo che è anche una delle frontiere fragili di questa città.
Come si fa a dare forza?
Partendo dal darla a se stessi.
Ancora più difficile non le pare?
Quando mi è scomparso Heinzl, uno dei miei figli, non ci sono state che lacrime. Per quelle non si può fare nulla. Ma poi ho saputo che l'altro mio figlio e mio genero erano sopravvissuti. Due su sette e quei due erano anche la mia famiglia.
E allora?
Ho sentito qualcosa che assomigliava molto alla riconoscenza. Mi sono detto: è stato un miracolo che loro siano vivi in mezzo a quel disastro. Non c'era più Heinzl ma è accaduto. Ecco, potevo cambiare tutto questo?
Poteva?
No. E allora perché chiedere di farlo. A Dio forse? Ecco, lui mi aveva invece lasciato vivi gli altri due. Occorreva accettarlo e prendere quel miracolo per continuare la mia esistenza.
Lei parla spesso ai gruppi cattolici di qui?
Me lo chiedono.
E che succede?
Che fa bene anche a me.
Dove le viene la forza di parlare di questioni così intime?
Dalla riflessione sul messaggio di Gesù. Si scopre, standoci un po' sopra, che c'è molto in quello che noi vediamo solo come rituale. Penso alle messe, alle preghiere.
Cosa ha scoperto?
Lui vuole semplicemente farci coraggio. Insomma, voglio dire che al centro del Vangelo e della fede c'è questo dono di energia che ci arriva da chi vuole farci forza. Se solo, solo lo si ascolta un po', ecco, penso che lì dentro ci sia la chiave per vivere felici.
E cos'è per lei la felicità?
Accettare quello che non si può cambiare e cercare di trovare il coraggio per continuare a vivere. In parole povere penso stia qui la fede.
Come si concilia la riflessione, le sue meditazioni, col lavoro? Visto che lei tiene in piedi aziende.
C'è sempre spazio per l'una e per l'altro. E poi penso che Dio ci abbia donato dei talenti. Ad ognuno il suo.
C'entrano con il lavoro, il suo lavoro?
Cerco, cerchiamo, e dovremmo farlo tutti, di sviluppare i talenti. Una azienda serve per questo. Per che cosa se no?
Facile?
Magari sì. Sa qual è il mio motto? Kampf und Kontemplation. Lotta, e dunque non guerra come quelle di oggi, e contemplazione. Ne parlava il priore di Taizè. É più facile passare in mezzo ai conflitti, provare a mediare, se si riesce a ricavare il tempo per la meditazione, per il rapporto con se stessi, per trovare una via.
Come la trova?
La montagna aiuta. Sono un grande appassionato di montagna. Camminarci mi aiuta, non solo il fisico, tutto il resto. Uno ci cammina e scopre di avere davanti e sotto i piedi il paradiso in terra.
È questo che vede, il paradiso?
Come si fa non accorgersene? É così che a uno gli si apre il cuore. Certo, occorre combattere. Ecco la lotta. Ma tentare di trovare il proprio equilibrio tra dentro e fuori, tra lavoro, lotta e pensiero e meditazione. Questa è la chiave. E vorrei dirlo tutti i giorni a chi vedo invece sempre sotto stress. Ricaviamoci un po' di tempo per stare in silenzio con noi stessi.
Ci prova con i suoi dipendenti?
Penso che cercare di costruire un'atmosfera che permetta la crescita è una conquista. Ma va perseguita. Serve a se stessi e, per me che devo pensarci, anche ai collaboratori. Un ambiente in cui ha spazio il rapporto umano è come una catena: tutti si connettono e creano benessere reciproco.
È questo che pensa quando riflette sulla sua fede, su Gesù?
Immagino sia questo che lui vuole. Lui ci dà coraggio se preghiamo ma la questione non finisce lì. Occorre anche la nostra lotta. E quella tocca a noi, solo a noi....