Laives

Addio al "simbolo" di Pineta: la ciminiera

Venne costruita nel 1947, assieme all’oleificio, poi arrivò la Schulze Pollmann. L'assessore comunale Pusateri: «Un esempio di archeologia industriale, risanarla purtroppo costerebbe troppo»



LAIVES. Dal 1947, quando venne costruita insieme all’allora oleificio, la ciminiera in mattoni rossi è l’emblema stesso dell’abitato di Pineta. La fabbrica quindi è stata eliminata per fare posto prima a quella dei pianoforti “Schulze Pollmann” e poi ad alcuni condomini. Rimaneva la ciminiera, diventata una testimonianza di archeologia industriale, tanto che l’amministrazione comunale aveva anche deciso di convincere il proprietario privato a mantenerla, nonostante la sua intenzione di trasformare la cubatura che ancora rimane dell’ex fabbrica in alcuni alloggi. Idea tramontata in questi giorni, con l’arrivo, in municipio, di una perizia tecnica in base alla quale, acquisire e poi preservare quella ciminiera, costerebbe un sacco di soldi.

“Putroppo è così - afferma Raimondo Pusateri, assessore ai lavori pubblici – perché, nonostante il nostro interesse a mantenerla come testimonianza del passato di Pineta e di tipica archeologia industriale, la nuda realtà è invece che per farlo bisognerebbe spendere tantissimi soldi: andrebbe acquisita dal proprietario attuale e quindi sottoposta ad un costoso intervento di risanamento per evitare rischi legati alla sicurezza”.

Parole, quelle dell’assessore Pusateri, condivise anche dal vicesindaco Giovanni Seppi, che pure si era speso per cercare di preservare la ciminiera. C’era stato un sopralluogo tecnico lo scorso anno con i tecnici e già in quel frangente si era visto che la situazione statica e conservativa era precaria.

“Purtroppo – afferma Seppi – per quanto di mia competenza, ho fatto di tutto per cercare di conservare la ciminiera di Pineta. Però la verifica tecnica ci ha confermato che le difficoltà e i costi per farlo, sarebbero eccessivi”.

L’oleificio dove dal 1947 si produceva olio alimentare dai resti delle pannocchie del molino Zenorini di Laives (pure questo scomparso oramai) funzionò, con la sua ciminiera, fino al 1954 quando venne chiuso in seguito alla scarsa redditività che oramai questa produzione garantiva. A quel punto vi fu un breve passaggio di proprietà alla Cassa di risparmio di Bolzano e dal 1954 al 1958, ospitò anche classi della scuola elementare di Pineta.

Fu Mario Mascagni (padre di Andrea Mascagni) che lo acquistò a sua volta dalla banca nel 1958 per poi adattarlo a fabbrica di pianoforti della Schulze Pollmann, che fino a quel momento aveva la propria sede a Bolzano e nel 1959 iniziò la produzione dei pianoforti. Nel 1963, la famiglia Mascagni cedette la maggioranza delle proprie azioni della Schulze Pollmann ai fratelli Giulini e nel 1976, ancora un passaggio di proprietà, ai fratelli Galanti, residenti a Reggio Emilia. Tempo alcuni anni è inizia la parabola discendente della fabbrica, con i primi problemi che vedono via via diversi operai finire in cassa integrazione per poi arrivare alla chiusura definitiva nel 1993.

Nel frattempo, la ciminiera di mattoni rossi, una delle poche del genere rimaste in provincia, è sempre rimasta al suo posto, a “vigilare” su Pineta ma adesso la sua storia è al capolinea.













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