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«Col Covid turni durissimi ma ora rischio lo sfratto» 

La storia. Gino Marfisi dal marzo 2020 è stato due anni in prima linea per aiutare la comunità Lavora come meccanico, ha a carico due figli e un suocero over 60 disoccupato


Jimmy Milanese


MERANO. Dal marzo del 2020, con l'inizio della pandemia e per i due anni successivi a turni di dodici ore si è occupato della sanificazione dell'ospedale di Merano. Ora, a pochi mesi da quei momenti drammatici, Gino Marfisi e la sua famiglia si trovano letteralmente a pochi metri dalla strada con uno sfratto esecutivo che a breve li costringerà ad abbandonare il suo appartamento di Sinigo. Assunto in situazione di emergenza dalla Azienda sanitaria con contratto a termine e senza il patentino di bilinguismo, Gino Marfisi è stato uno di quelli che ha sia limitato la diffusione della pandemia nei nosocomi altoatesini sia salvaguardato la vita del personale medico e paramedico, anche se lui il Covid se lo è comunque preso diverse volte ed è stato uno dei primi ad essere vaccinato.

Oggi, a pochi anni da quei momenti drammatici e a quei turni estenuanti, con due figli piccoli a carico, la moglie e un suocero over sessanta disoccupato in casa, Marfisi lavora come aiuto meccanico ma sulla sua famiglia, da 29 anni residente a Merano, pende la scure dallo sfratto esecutivo. Uno sfratto arrivato dopo che per diversi mesi e per forze di causa maggiore Marfisi sostiene di non avere potuto pagare il canone di locazione al proprietario di casa. Ma non è tutto. Infatti, prima inserito nelle graduatorie Ipes per l'assegnazione di un alloggio, dopo un improvviso e inaspettato ricalcolo del famigerato Isee il nucleo familiare di Marfisi per poco meno di 150 euro è risultato escluso dalle graduatorie per l'assegnazione di un’abitazione agevolata.

Una doccia fredda per la famiglia di Sinigo. Infatti, ormai lo si constata ogni giorno, trovare un appartamento in locazione a prezzi abbordabili in città, in particolare per chi ha un reddito medio è diventata una impresa da titani. Ancora più difficile per le coppie con figli piccoli, molto spesso mal gradite dai condomini o dai locatori per via del fatto che in questi casi è più difficile procedere con uno sfratto in caso di morosità. Nel caso di Marfisi, lo sfratto esecutivo invece è arrivato puntuale, dopo diversi mesi di morosità, per ora con una dilazione fino al 16 maggio prossimo quando la sua famiglia dovrà lasciare l'alloggio di via Nazionale a Sinigo.

Spiega Marfisi: «Prima del Covid lavoravo nella hotelerie, come mio suocero, poi siamo stati licenziati entrambi per via de Covid ma se io ho trovato un posto come sanificatore a mio suocero è andata peggio, perché nessuno assume un quasi pensionato, oggigiorno», esordisce Marfisi ricordando il periodo nelle terapie intensive a fianco dei medici: «Due anni bardato con mille dispositivi, turni massacranti anche di oltre 12 ore, quindi arrivavo a casa distrutto con la paura di passare il Covid a mia moglie. Quindi, dalla scadenza del contratto, per riconoscenza nessuno della Azienda sanitaria si è fatto vivo, anche quando ho chiesto di ricevere la mia liquidazione che ancora attendo da oltre un anno», spiega l'uomo.

Come detto sono due i figli minori della coppia. Uno di un anno e uno di cinque che ci apre la porta accompagnandoci per mano in tutta la casa. Un appartamento sulla via Nazionale a dir poco fatiscente e pieno di muffa maleodorante. «I proprietari dell'appartamento dove alloggiamo sono deceduti e a loro sono succeduti i nipoti che vogliono vendere. Ci hanno dato un ultimatum: o compriamo oppure ce ne dobbiamo andare, ma noi i soldi per acquistare non li troviamo da nessuna parte, soprattutto perché in famiglia lavoro solo io», chiosa l'uomo che aggiunge: «Eravamo tranquilli, al primo posto nella graduatori Ipes ma, dopo un riconteggio, per 148 euro siamo stati esclusi. Semplicemente ci hanno detto di ripresentare domanda, nonostante la nostra situazione. Ci siamo rivolti anche a un legale noto in città ma ci ha sconsigliato di fare ricorso, perché lo avremmo perso», precisa Marfisi spiegando di essersi rivolto anche in Comune e anche qui non è arrivata alcuna risposta. «Siamo persone per bene, speriamo che qualcuno ci aiuti ad uscire da questa situazione».













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