il caso

Merano, arrivo in treno con vista rifiuti 

Presso il sottopasso ferroviario di ponte Marlengo, un pessimo biglietto da visita: il degrado la fa da padrone fra sacchetti di immondizia abbandonati, lattine e bottiglie tra le sterpaglie. La scena sotto gli occhi anche di chi percorre la pista pedociclabile e o la sovrastante rotatoria


Simone Facchini


MERANO.  “Biglietto, prego”. Ecco, questo è il biglietto da visita esibito a chi dai finestrini del treno si affaccia. Rifiuti e degrado, fotografia desolante che umilia il profilo della città. La vedono tutti i giorni i tanti pendolari, probabilmente assuefatti da cotanto triste spettacolo. Lo vedono anche tutti i turisti che scelgono la ferrovia per arrivare a Merano. Stanno per entrare in una località di spessore grand hotel - le recensioni degli ospiti sulla qualità dei soggiorni lo documentano, al pari dei dati turistici - e nella hall trovano le poltrone impolverate. Merano non lo merita.

Polvere sotto il tappeto.

Eh, già. L’interrogazione che il Pd ha presentato sullo stato del sentiero della pista pedociclabile che collega via Palade alla zona artigianale presso ponte Marlengo, solleva il tappeto sotto il quale c’è parecchia polvere. Ma forse basterebbe solo un po’ di attenzione per ripulire. Quel degrado, lo notano i passeggeri nelle carrozze. Girano lo sguardo dall’altra tutti coloro che passano, in bici o a piedi, nel sottopasso prossimo all’ex Cafa/ex C+C. L’osserva con stigma chiunque passa per la rotatoria che incanala verso via Zuegg o ponte Marlengo. 

 

Rifugio e disperazione.

L’iniziativa del Pd spalanca le porte a un’osservazione più attenta del quadro. Il treno che ferma a Maia Bassa procede a velocità contenuta verso la stazione principale. Cosa viene restituito all’occhio di chi guarda dal vetro? Desolazione. Sacchetti colmi di rifiuti. Bottiglie e lattine nella sterpaglia. Abiti abbandonati. Nella struttura che sorregge il cavalcavia c’è anche un’apertura che dà accesso a dei vani. Con molta probabilità, un rifugio per persone senza fissa dimora. Di chi cerca un tetto nel momento del buio, reale sulle lancette dell’orologio e allo stesso tempo, per chi vive vite borderline, esistenziale.

Risposte.

Non è la prima volta, purtroppo, che quella zona si presenta così. Ci ritroviamo all’apice di una situazione che ha del ciclico. Che spiattella la necessità di una risposta immediata, anche in chiave igienico-sanitaria, ambientale, e di immagine della città. E che allo stesso interroga la comunità sulle risposte sociali che siamo in grado di offrire. 













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