Senzatetto, 15 gli “irriducibili” fuori dalla rete dell’emergenza 

Covid e freddo. Per entrare nelle strutture serve il tampone. E alcuni temono di perdere il giaciglio a loro familiare La Caritas spiega come funziona il sistema dell’accoglienza da Quarazze a Casa Archè, fino a Casa Marta e Maria


Sara Martinello


Merano. Gli “irriducibili”, le persone che restano al di fuori del circuito dell’emergenza freddo, a Merano sono una quindicina. Meno che a Bolzano, dove però l’opinione pubblica è molto attiva. Sul Passirio chi è senza fissa dimora vive quasi nell’invisibilità. Non per la rete dei servizi, però. Caritas e associazioni come Jugenddienst e streetworker sono il punto di riferimento del sistema dell’accoglienza, col sostegno di alcune decine di volontari.

Quarazze.

Nella casa delle suore di carità di Quarazze una ventina di volontari operano quotidianamente al fianco degli operatori per dare accoglienza, cioè portano torte per la colazione, procurano indumenti, imbastiscono piccoli corsi di lingua. La convenzione siglata dal Comune copre i mesi di gennaio e di febbraio. Nel dormitorio, accessibile dalle 19 alle 8, i posti letto sono 18, quelli occupati al momento sono la metà. Perché? Risponde Danilo Tucconi, responsabile delle aree Abitare e Assistenza e accompagnamento della Caritas: «I numeri bassi sono dovuti anche al Covid. Per l’accesso serve garantire una pur minima rintracciabilità e sottoporsi al tampone. Per ora abbiamo fatto un primo giro su 12 persone, e altre 12 sono state invitate sulla base dei nomi raccolti dai vari servizi in rete e da me inviati al medico organizzatore dei test». Alcuni però restano esclusi dall’emergenza freddo. «Si tratta di solito di persone che non intendono abbandonare il giaciglio a loro familiare, spesso per paura di perderlo. Altri, ma parliamo di un gruppo più piccolo, non hanno i documenti».

Casa Archè.

Il dormitorio di Quarazze è la risposta all’emergenza, il primo passo. Più a fondo opera un sistema che per la Caritas «ha l’obiettivo del reinserimento sociale attraverso l’abitare e il lavoro». C’è Casa Archè, 25 posti ora occupati quasi tutti, 70 persone accolte nel 2020 (le donne sono una decina) per un totale di 7 mila accessi. Un po’ meno che nel 2019, ma la ragione sono i lockdown. Poco distante, sempre in via IV Novembre, la affianca una struttura da otto posti dedicata all’accoglienza notturna, solitamente frequentata da persone che non hanno un’abitazione da diverso tempo.

Casa Archè è una struttura residenziale, aperta 24 ore su 24, caratterizzata da attività di accompagnamento. Nel 2020 ha avuto casi di positività tra i propri ospiti, per i quali è stata attivata la procedura di quarantena a Colle Isarco, e ha dovuto introdurre turni per i pasti, obbligo di distanziamento e di uso dei dispositivi igienici, sanificazioni degli ambienti (due quelle totali). E ha dovuto ridurre gli incontri coi servizi sociali e con la sanità. È di pochi giorni fa la notizia dell’affidamento della sua gestione fino al 2023 alla Caritas, per un milione e 482 mila euro. Coi quali vanno coperte le spese del personale, della manutenzione, delle utenze, delle pulizie, per citare le voci più consistenti. Per poter garantire una qualità del servizio dignitosa, spiega ancora Tucconi, la Caritas integra l’appalto con fondi propri, spesso grazie alle donazioni di privati.

Casa Marta e Maria.

Dall’accoglienza notturna alla residenzialità e all’autonomia. Il terzo passo verso il reinserimento è Casa Marta e Maria, in via Galilei, inaugurata lo scorso 23 giugno come nuova sede centrale di Merano della Caritas diocesana. Gli alloggi sono dieci, tutti occupati. «Ci trovano posto persone che grazie al lavoro hanno ritrovato una certa autonomia – così Tucconi –. Ad esempio, un ospite di lungo corso di Casa Archè, ormai in grado di uscire dalla struttura di via IV Novembre, lì può trovare una dimensione di privatezza fondamentale per la percezione della propria dignità».













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