L'intervista

«Terrorismo, ancora piango i colleghi uccisi» 

La scritta “1961 Danke”. L’ex finanziere Pasquale Di Domenico torna agli anni del terrorismo, quando le forze dell’ordine erano un bersaglio. «Mi ferisce nell’animo che non ci sia alcun pentimento. Ricordo soprattutto il ‘66: Bruno Bolognesi, l’agguato di San Martino, le bombe»


Jimmy Milanese


MERANO. Dopo i manifesti degli irredentisti sui quali sono stati raffigurati quegli stessi tralicci fatti saltare sessant’anni fa dai dinamitardi sudtirolesi e la scritta “1961 Danke” apparsa sulla montagna di Bressanone, non ce la fa a tacere Pasquale Di Domenico, maresciallo maggiore della Guardia di Finanza in quiescenza, per anni in servizio nelle valli della provincia.

Origini nel Teramano, già presidente del Consiglio comunale di Merano nelle file di Italia dei valori, Di Domenico in Alto Adige arrivò nella primavera del 1965, testimone di una serie di violenze che costarono la vita a molti suoi colleghi.

Di Domenico, cosa le ha provocato vedere quella scritta e tutto questo revival da parte di alcuni sudtirolesi che hanno voluto festeggiare in quel modo provocatorio i 60 anni dalla Notte dei fuochi?

Un gran dolore misto a rabbia. perché giunsi in alto adige nel 1965, quando ancora ero un giovane finanziere nemmeno ventenne. qui, nelle valli altoatesine, ho fatto tutta la carriera. e non posso dimenticare quel 1966, anno in cui da parte dei terroristi sudtirolesi ci fu il massimo della violenza.

Cosa ricorda, nello specifico?

Tante, troppe vite spezzate oltre a terroristi condannati dalla giustizia italiana ma che alla fine non hanno fatto quasi nemmeno un giorno di prigione. inaccettabile che ora qualcuno chieda la grazia per questi personaggi che devono essere chiamati per quello che erano: terroristi, perfino vigliacchi, visto che ci sparavano alle spalle.

Sparavano a suoi colleghi provenienti da altre regioni italiane per il solo fatto di essere italiani e appartenenti alle forze dell’ordine.

Infatti, inaccettabile, visto che noi qui siamo arrivati carichi di buona volontà, molto spesso accolti benissimo dalla popolazione, con la quale alla fine ci siamo integrati. vorrei ricordare il 1966, quando per un atto di vigliaccheria il collega bruno bolognesi perse la vita. ma anche l’agguato a san martino, in val casies, dove morirono altri due colleghi, oppure la strage di malga sasso dove venne fatta saltare la nostra caserma e due colleghi persero la vita. azioni terroristiche senza alcun pentimento, mai.

Un clima, quello di allora, comunque molto lontano rispetto a manifestazioni come quelle alle quali assistiamo, non crede?

Certo, ma non vorrei sottovalutare questo tipo di revanscismo. noi che eravamo impegnati qui lungo il confine abbiamo fatto sacrifici enormi che non possono essere vanificati nel silenzio. Queste persone sparavano alle spalle, mettevano le bombe, alla fine sono state condannate ma non hanno mai scontato un giorno di prigione. anzi, sono rientrate a bolzano quando hanno potuto, quindi sembrava ormai che tutto si fosse calmato. invece vengono fuori gesti che scuotono nel profondo dell’animo. quella scritta, “danke 1961”, è estremamente grave, perché significa che qualcuno ancora oggi la pensa in quella maniera. noi abbiamo pagato caro quel periodo che oggi qualcuno esalta.

Lo dice un finanziere che quelle zone le conosce bene, giusto?

Infatti, e fa ancora più male al cuore. Ci ho vissuto 50 anni in questa terra, per dire, ho amici e conoscenti in val passiria che recentemente sono andato a trovare. Ci sono ancora focolai, sembra un braciere con carboni ardenti nascosti che fa ipotizzare la possibilità che questa vena dinamitarda possa riesplodere. i segnali ci sono, non dobbiamo sottovalutarli. e poi mi lasci tornare su un argomento a me caro.

Prego, dica.

Ogni volta che arriva il nostro Presidente della Repubblica, qualcuno chiede la grazia per un vile terrorista e questo fa infuriare chi quegli anni li ha vissuti in prima persona. Noi abbiamo dato la vita per questa terra, facendo sacrifici immensi. ho 76 anni: come sono caduti quei colleghi, potevo cadere io. la vicenda che portò alla morte di bolognesi, con una bomba a strappo posizionata il 25 maggio del 1966 dietro una porta, spiega che non ci deve essere nessuna grazia.

Senta, ma lei che rapporto ha con i sudtirolesi: cittadini italiani di madrelingua tedesca?

Ottimi rapporti, costruiti nel tempo attraverso una conoscenza reciproca capace di superare la barriera linguistica e i drammi comuni della storia. Lo ripeto, drammi comuni. sono pochi e rumorosi quelli che cercano di creare divisione tra italiani e tedeschi. compito della magistratura è quello di identificare chi semina odio, chi abbia avuto l’idea di sistemare quella scritta. per il resto mi chiedo che cosa ci sia nella testa di queste persone.













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