Sgarbi: «Se va giù il Posta denuncio Kompatscher» 

Il caso a Dobbiaco. «Non c’è il vincolo? Allora si mette subito per tutelare ciò che è bello» «Tocca allo Stato e alla Provincia intervenire per car capire che non tutto si può fare con i soldi» 


Paolo Campostrini


Dobbiaco. Vittorio Sgarbi pensa all'hotel Posta, se lo immagina davanti e, dopo essersi schiarito la voce, non lo tiene più nessuno. «Lo buttano giù? E allora vuol dire che non esiste più lo Stato, non esiste più la Provincia autonoma, è sparita la Sovrintendenza, l'assessore Bessone pensa solo a quello che è suo...». Prende fiato e poi affonda il finale: «Soprattutto: caro Kompatscher devi darti una svegliata. Ma dartela presto». Altrimenti professore? «Lo denuncio alla magistratura». Ecco lo Sgarbi che ti aspetti, vista la sua antica predilezione per la struttura alberghiera di Dobbiaco ma non così aggressivamente deciso a salvare una nostra icona del Novecento legata ai grand tour alpinistici e del turismo d'anteguerra. Note le sue battaglie per ogni testimonianza del passato artistico e architettonico, per le quali si è speso incurante dei contrattacchi. E questa volta l'ardore è subito percepibile. Attacca il sindaco di Dobbiaco, che accusa di essersi piegato agli interessi dei privati e non gliele manda a dire: «Si muove come un sindaco siciliano di certe epoche...». In verità Sgarbi dice qualcosa di più. Ma meglio far intendere, in questi casi. Perché il parlamentare, politico di lungo corso, critico d'arte, gran raccoglitore di bellezze, sindaco di più municipi sparsi per lo Stivale, polemista irrefrenabile, protagonista di dibattiti finiti spesso con l'insulto, autore e scrittore, questa vicenda del Posta che deve andar giù per far posto ad un albergo moderno secondo l'equazione che dice" abbattere è più conveniente di riqualificare" non va giù a lui.

E perché onorevole?

"Le faccio un esempio. Se c'è un De Chirico del 1920, che ha l’età dell'hotel, che faccio? Lo distruggo solo perché non è vincolato? Mi darebbero del pazzo".

Perché, per l'appunto il Posta non è sotto tutela, no?

"E che importa? Ha 100 anni, che diamine! Ed è peggio che distruggere un De Chirico della stessa età. Perchè il quadro io posso anche non sapere che esiste, che un fortunato se lo tiene in casa. Ma un albergo storico no. Quello lo so che esiste, lo sappiamo tutti. È un'architettura e l'abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni. È uno scempio abbatterlo".

Il sindaco ha dato il permesso, dice che è insicuro, meglio che venga giù per farne uno nuovo...

"E per fare un favore a privati speculatori. Ma non mi faccia dire, ho già detto".

Anche la Provincia tace.

"È uno scandalo. Se lo fa vuol dire che non esiste più come ente capace di preservare un patrimonio di tutti. E così non esistono le Belle arti. E neppure lo Stato".

Ma è d'accordo anche l'assessore Bessone. Ultimamente sembrava un suo amico, no?

"E che centra? Anche lui non esiste se accetta questo. Non posso accettare che Bessone, solo perchè non si tratta di un bene provinciale, non faccia nulla".

Ma non è vincolato.

"Dannazione, il vincolo si crea! Una Provincia in grado di capire ciò che è bello o brutto, quello che appartiene al suo passato o no, prende quell'edificio e lo protegge. Lo risana e lo riqualifica. Non lo mette in mano a privati speculatori che lo faranno scomparire".

Immaginiamo che non la voglia far finire qui questa storia, onorevole...

"Certo che no. Se lo Stato, la Provincia esistono, che si manifestino. Decidano un vincolo di protezione storica e facciano intendere che non tutto si può fare con i soldi. Che esiste una memoria da tutelare, che un'architettura è paragonabile ad un'opera della stessa epoca, un quadro, una scultura. Insomma, cento anni sono tanti. Sono un secolo. E il Posta è lì da un secolo che segna il paesaggio di Dobbiaco, una delle località turistiche più conosciute e prestigiose delle vostre Alpi».

E se no?

«Denuncio. Partendo dal presidente».

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