Il caso

Scoppia la bufera sulla pagina Facebook Le bimbe di Benno Neumair: “Oscuratela subito”

In pochi giorni sono stati superati i 400 seguaci e le proteste contro il social che la ospita si moltiplicano. Urzì: “Ora basta”



BOLZANO. Scoppia la bufera sul social Facebook dopo che nei giorni scorsi è stato aperto un gruppo chiamato “Le bimbe di Benno Neumair”.

L’apertura del gruppo dedicato a Benno, che ha confessato di aver strangolato entrambi i genitori e di averne poi gettato i corpi nell’Adige, ha sollevato un vespaio con numerose richieste di chiusura avanzata ai social.

Su Facebook c’è chi ha creato un gruppo che ne propone letteralmente “l’adorazione”. “Le bimbe di Benno Neumair” è il nome del gruppo. Che a quanto pare viaggia a gonfie vele. Creato una settimana fa, ha già raccolto 426 membri. Ma gli iscritti aumentano di ora in ora. Solo oggi la pagina hapubblicato 92 nuovi post. Essendo un gruppo “privato” i contenuti però sono accessibili solo agli utenti approvati.

“Non è ancora noto se si tratti di una goliardata di pessimo gusto o un’iniziativa figlia dei tempi in cui viviamo in cui non esiste più alcun valore e tutto finisce per appiattirsi sull’apparenza che sovrasta morale e sostanza”, scrive in una nota Alessandro Urzì, consigliere provinciale di Fratelli d’Italia.

“Quello che è certo invece è che la degradazione etica della nostra società non conosce ormai limiti. Una tristezza infinita, dover constatare come l’animo umano stia precipitando in un abisso senza fine, nella totale incapacità di distinzione tra il bene ed il male, tra giusto e ingiusto. Ma anche di totale mancanza di empatia verso le vittime di una assurda tragedia familiare, di quel rispetto verso il sacro che per altre generazioni costituiva un limite invalicabile per nessuna ragione.

Oggi in nome della libertà ad ogni costo, di quel relativismo etico figlio di un buonismo pernicioso, tocca vedere espressioni che definirle blasfeme è ancora poco. Fanno ribrezzo. Questa pagina va oscurata oggi stesso, ma chiediamo anche che sia fatta luce su questo spaccato di incultura legata alla banalizzazione di una grande tragedia. Almeno per rispetto delle vittime”, conclude Urzì.













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