LA DENUNCIA

Trento, fuga dal Pronto soccorso: "Noi, medici costretti a lavorare in grande difficoltà"

Lettera aperta dei professionisti del Santa Chiara: solidarietà a Ramponi. "Sempre più difficile fare fronte al carico di lavoro"



TRENTO. «La notizia della condanna del dottor Claudio Ramponi da parte della Corte di Conti ci ha profondamente colpiti e come équipe medica del Pronto Soccorso di Trento vogliamo esprimere la nostra solidarietà al Primario e ribadire la nostra stima per lui». Così inizia una lettera aperta dei medici del Pronto soccorso dell'ospedale S.Chiara di Trento. «Come équipe medica riteniamo che alcuni giudizi e critiche emerse sugli organi di stampa coinvolgano indirettamente anche tutti noi che dobbiamo quotidianamente operare scelte clinico - organizzative in condizioni difficili, imprevedibili e non standardizzabili mentre ci saremmo aspettati sostegno da parte dei cittadini, dei media e della classe politica».

«L'organizzazione del Pronto soccorso che il dottor Ramponi ha impostato in questi ultimi anni - prosegue la lettera - è frutto di condivisione con i suoi medici di reparto e ha permesso di far fronte, nonostante le note difficoltà a reperire nuovi professionisti, al progressivo incremento del carico di lavoro in buona parte conseguente alla crescente centralizzazione a Trento di pazienti che presentano problematiche gravi e complesse (meno della metà degli accessi al Pronto soccorso adulti provengono dalla valle dell'Adige). Malgrado le gravi difficoltà e nonostante l'elevatissimo turnover dei medici, il primario dottor Ramponi è sempre riuscito a organizzare l'attività in modo tale da far fronte al continuo aumento della complessità del nostro lavoro.»

«In questo contesto - proseguono i medici del Pronto soccorso - anche la distribuzione delle reperibilità era pensata per alleviare il carico di lavoro dei medici impegnati spesso in turni di 12 ore continuative e per garantire un sufficiente recupero psicofisico, tenuto conto delle minime 11 ore consecutive di riposo fra un turno e l'altro previste dalla normativa. Forse non tutti sanno che mediamente noi medici del Pronto Soccorso di Trento lavoriamo in turno notturno per 4-6 notti al mese con un importante carico di lavoro (dalle ore 24 alle ore 6 vengono gestiti il 44% di tutti gli accessi provinciali) e che in base alla turnistica attuale viene assicurato un solo fine settimana di riposo al mese e talvolta, quando insorgono criticità, nemmeno quello. Inoltre la letteratura scientifica ha dimostrato che in regime di reperibilità il riposo notturno è alterato e non garantisce il necessario recupero non solo per i rientri in servizio ma anche in caso di chiamate per consulti telefonici. Chi si priverebbe del fondamentale riposo per una cifra che è di circa 27 euro netti a notte Per tutto questo la stragrande maggioranza dei medici non fa volentieri turni in reperibilità».

«A seguito dei recenti eventi, non ultime le limitazioni funzionali e strutturali per le problematiche covid correlate - prosegue la lettera - l'équipe si trova in ulteriore difficoltà e non è un caso se i due medici con maggiore esperienza professionale stanno facendo domanda di cessazione anticipata dal servizio o se i numerosi concorsi per assunzione di medici nel dipartimento di emergenza indetti dall'Azienda sanitaria negli ultimi due anni sono andati pressoché deserti. In queste condizioni, come peraltro già segnalato nel recente passato, sarà sempre più difficile far fronte al carico di lavoro richiesto mantenendo tempistiche, standard di qualità e di sicurezza adeguati».

«Come professionisti ed esseri umani siamo sconfortati dal constatare che alcune persone, non solo oggi, sono così solerti nel far emergere e dare risonanza alle anomalie del servizio criticando l'operato dei medici e degli operatori, anziché focalizzarsi sulle reali difficoltà operative e sui motivi che ne sono alla base, strumentalizzando di fatto il nostro silenzio mediatico. In questa sede vogliamo chiedere a tutte le figure competenti coinvolte di prendere concretamente provvedimenti per fronteggiare una situazione che, se non adeguatamente corretta, rischia di diventare irrecuperabile, a scapito della salute di tutti, non solo della nostra condizione lavorativa», concludono i medici del Pronto soccorso. 













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